Marche, ci ha salvato l’export: senza la farmaceutica saremmo in positivo

Tavola rotonda moderata dal direttore del Corriere Adriatico Giancarlo Laurenzi

Marche, ci ha salvato l’export: senza la farmaceutica saremmo in positivo
ANCONA Accusano il colpo le Marche delle piccole imprese, che escono dagli anni trafitti dal Covid. Torna con la mente a quell’epoca buia, Marco Cucculelli: «Non...

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ANCONA Accusano il colpo le Marche delle piccole imprese, che escono dagli anni trafitti dal Covid. Torna con la mente a quell’epoca buia, Marco Cucculelli: «Non dimentichiamo che le industrie della nostra regione hanno sopportato un peso delle chiusure maggiore di tutta Italia». Il docente di Economia applicata della Politecnica procede di sintesi e di slide, che scorrono e illuminano le sue spalle, nel narrare il suo “Rapporto 2023 sull’Industria marchigiana”. «Voglio essere moderatamente ottimista - è il suo esordio, ad Ancona, nella sala grande di Confindustria Marche - il calo della produzione industriale è evidente: il -3,3%, rispetto al -2,2% del sistema-Paese, non è certo un dato lusinghiero, ma dopo anni di turbolenze ci si deve aspettare di tutto». Considerazioni, le sue, che saranno il terreno fertile per la tavola rotonda che seguirà, moderata dal direttore del Corriere Adriatico Giancarlo Laurenzi. 

 


Il segnale 

Intreccia, Cucculelli, con minuzia l’ordito della tenuta: «La produzione – spiega - indica la quantità dei manufatti, un indicatore che dev’essere integrato dai prezzi per avere il quadro complessivo. L’export, al contrario, è un segnale immediato di competitività». Arriva a stabilire la giusta distanza, il prof, per giungere all’equilibrio dell’informazione. «Si ottiene – è rapido nel calcolo – incrociando i due parametri». Va nei dettagli del report: «Le esportazioni resistono, al netto della farmaceutica chiudono con un più 0,5%».

La considerazione

Scorre le griglie delle tabelle nelle quali, in sovrimpressione, è incisa una considerazione che incoraggia: i buoni risultati del post-pandemia, messi a segno tra il 2021 e il 2022, non sono stati solo una fiammata. È un vantaggio che si consolida, di cui godono le imprese più grandi, per le piccole è ancora un percorso in salita. Definisce, il cattedratico, lo scenario che torna a incupirsi per l’acuirsi delle tensioni geopolitiche e dell’economia planetaria. Impossibile schivare gli impatti negativi dell’inflazione elevata, la stretta monetaria, i timori generati dai conflitti in Europa e in Medio Oriente, il livello sostenuto dei prezzi dell’energia. Cucculelli tuttavia non si concentra sulle ferite, piuttosto mette in sequenza i segni più disseminati nel suo prospetto: «Bene l’occupazione. Si può essere ottimisti dell’andamento del mercato del lavoro: gli occupati passano da 639mila a 641mila, con una variazione positiva dello 0,3%. Gli investimenti crescono». Torna al -3,3% della produzione, con la considerazione che segue: «Tutti i settori sono con l’acqua bassa, che è conseguenza di un peggioramento generalizzato, a livello internazionale». 

L’analisi

Mostra l’altro lato della medaglia dell’andare per il mondo: «Significa essere esposti ai mercati finali, quindi alle cicliche crisi congiunturali». Si lascia trasportare dalla tempestività delle cifre: «Sempre al netto della farmaceutica, le esportazioni hanno oltrepassato la soglia dei 13 miliardi di euro, livello superiore a quello registrato prima del Covid, con 10,3 miliardi». La moda chiude il 2023 con una crescita del 6,2% rispetto al 2022, con una variazione positiva per pelli e calzature (5,2%) e più robusta per l’abbigliamento (13,9%). In aumento il mobile (2,8%) e i prodotti elettronici (21,9%). In calo i comparti della meccanica, con una flessione dei prodotti in metallo (-7%), dell’elettrodomestico (-2,5%) e dei macchinari (4,4%). Prosegue, con un +15%, l’impennata dei mezzi di trasporto, innanzitutto la nautica. I numeri cedono, di nuovo, il passo al potere di persuasione dell’analisi. Lungo tre linee portanti, Cucculelli dipana quel suo essere ottimista. La prima: cresce la quota d’imprese che investono in tecnologie 4.0 e digitali. Non è più sperimentazione, ma modello di business. La seconda: si è estesa la sensibilità ai percorsi Esg, l’acronimo di Environmental (ambiente), social (società) e governance. Aumenta il ruolo dei consiglieri indipendenti e delle donne; sempre più spesso si soppesa la sostenibilità nelle produzioni. Il terzo e ultimo tratto: si dilata la platea delle società attive sul fronte delle tecnologie a basso impatto ambientale. Con la sintesi è già domani: «Questi fattori di comportamento – imprime il sigillo - sono alla base della capacità di reazione. Un incoraggiamento per il 2024 e per gli anni a venire». Il moderatamente ottimista raddoppia la posta.

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Corriere Adriatico