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Le mani e i polpastrelli bisognerebbe consumarseli sul pallone, anziché sui tastini dello smartphone: quelli friggono il cervello, e ti buttano fuori dalle Olimpiadi. Davide Mazzanti finalmente ha il coraggio di dirlo, anzi la follia, viene il sospetto che verrà colpito da variopinte rappresaglie, ahilui. Le ragazze della pallavolo sono state eliminate ai quarti, anzi più che altro distrutte, asfaltate e a tratti scherzate dalle serbe, e non hanno mai reagito tecnicamente o psicologicamente, anche perché erano fuori di testa e senza concentrazione, e da giorni, per via di un abuso di interazioni sui social, come si direbbe tecnicamente. Troppi smanettamenti, troppi selfie e video, troppe parole e troppe liti con sconosciuti nemici virtuali, e per ore al giorno. Non ci si concentra così. Davide Mazzanti non è Matusalemme né un vegliardo irrancidito dalla vista dei giovani, è un allenatore di 44 anni che vive e lavora con ragazze che potrebbero essere quasi tutte sue figlie, e il suo magari è anche un richiamo paterno, oltre che un tentativo di spiegare una delusione grande quanto Tokyo, nemmeno lui pensava di venire surclassato così. Due set persi a 21 e uno, umiliante, a 14. Anche se precisa che «di certo non abbiamo perso per questo», il ct la butta lì, la sua denuncia sull’abuso dei social in tempi olimpici, e in assoluto: «Alle ragazze lo avevo detto, cercate di staccarvi da tutto quello che vi circonda, perché già di emozioni ne abbiamo tante. La melma quando arriva è melma, al di là di chi te la tira. Questa Olimpiade è stata una palestra tosta per tutti sotto questo punto di vista: per me, che ho fatto cinque post in sei anni, è più facile staccarsi dai social. Forse per loro è un po’ più difficile».
IL CASO EGONU
Dice loro, e Paola Egonu è la prima, perché è lei la grande incriminata.
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Corriere Adriatico