Ninetto Davoli a Grottammare racconta Pasolini: «Fare cinema con lui per me era un gioco, andavamo insieme in cerca di personaggi»

Ninetto Davoli a Grottammare racconta Pasolini: «Fare cinema con lui per me era un gioco, andavamo insieme in cerca di personaggi»
GROTTAMMARE - Per carità non chiamatela celebrazione. Ninetto Davoli lo ha premesso, ieri a Grottammare dove ha presentato la versione restaurata di Uccellacci...

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GROTTAMMARE - Per carità non chiamatela celebrazione. Ninetto Davoli lo ha premesso, ieri a Grottammare dove ha presentato la versione restaurata di Uccellacci uccellini, una delle pellicole di culto questa estate al Cinema in giardino dove insieme a tanti blockbuster come Top Gun, Diabolik ed Elvis, il Cinema Margherita resta fedele alla sua vocazione di offrire film di qualità che fanno riflettere alla presenza dei protagonisti.  E l’attore più amato da Pier Paolo Pasolini ha dunque accettato di raccontare l’intellettuale a 100 anni dalla nascita, un colpo riuscito neppure alla Rai.


Le polemiche


Con la sua ironia, d’altra parte, Davoli si è subito tolto un paio di sassolini dalla scarpa. Il primo, si diceva, sulle celebrazioni. «Pier Paolo le avrebbe trovate banali - ha spiegato - non le ha mai sopportate: lui voleva parlare con persone vive». La seconda invettiva dritto al cuore della Tv di Stato. «In questi giorni - dice - per via della ricorrenza mi chiamano in continuazione: ma se non l’hanno mai potuto sopportare? Mi chiamano invece in Francia, in Portogallo, ovunque, hanno uno straordinario desiderio per le sue opere, comunicano un entusiasmo spaventoso mentre qui l’hanno sempre massacrato. Un’ipocrisia che non sopporto: la Rai non possiede nessuno dei suoi film e io dovrei andare a parlarne? Ne ha passato qualcuno a tarda notte e ora lo celebrano? Io sono arrabbiato di tutto ciò, mi opprime, mi blocca per questo non ci vado». Poi i toni si stemperano grazie anche al sindaco Enrico Piergallini che, da docente e uomo di cultura, non nasconde l’orgoglio di poter ospitare Ninetto e tutto quanto rappresenta. «Fino all’ultimo ho temuto che non potessi venire - confessa - a raccontare questo santo laico, questo che per la mia generazione è già un monumento. Ma non te la prendere, è il destino di tutti i grandi intellettuali non essere capiti dagli uomini del loro tempo...e lui, come tutti i santi si celebra nelle ricorrenze». «La gente che specula - gli ha risposto Davoli - non sa che fare, è chiaro: non ha idea dell’entusiasmo che aveva Pieropaolo di vivere. Per noi fare film era un gioco: andavamo in giro a trovare i personaggi, quando vedevamo una faccia la agganciavamo con una scusa qualunque tipo: “sa dov’è piazza Dante?” io ho fatto 9 film in 13 anni con Pierpaolo ed è stato un grande piacere». Ma come è sbarcato Davoli in Riviera? Lui prima ci scherza su «ho preso l’autostrada e invece di fermarmi a San Benedetto ho proseguito verso nord» ma poi spiega che qui Pierpaolo aveva un amico, quel Carlo Luzi a cui è legata l’ultima partita di Pasolini al Ballarin che è poi stata argomento anche dell’omonimo lungometraggio andato in onda su Sky Arte . Ultima o penultima però il mistero resta. 


La partita


«Onestamente non mi ricordo se ne facemmo altre ma è importante». L’attore era a San Benedetto per girare il film Il vizio ha le calze nere e pochi giorni dopo fu chiamato a riconoscere la salma del suo amico e mentore, ucciso barbaramente. Ma si sente nella voce un sussulto di gioia quando a Davoli si chiede qual è l’eredità che Pierpaolo ha lasciato ai giovani a chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo. «Il suo era un modo di pensare “contrario” dal punto di vista etico e sociale ma guarda caso tutto quanto ha profetizzato 60 anni fa oggi ce lo ritroviamo esattamente come aveva detto. I giovani non sono stupidi, dovrebbero leggerlo, tutti i suoi scritti, e onestamente mi rendo conto che quando lo fanno si entusiasmano». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico