CIVITANOVA - Ha compiuto 80 anni, ma in realtà, come dice sempre anche lui, se ne sente quattro volte 20: Al Bano Carrisi sarà domani, sabato 5 agosto, alle ore...
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Al Bano, di nuovo in tour...
«Vede il miglior copione che Dio potesse darci è il pubblico, e questo l’ho imparato da Celentano, con cui sono stato in tour nel 1975 e 1976, poi anche con i Rolling Stones, nel 1977. I due tour erano diversi: nel primo c’era più inventiva e lo preferivo».
Ha pubblicato 1050 brani: difficile scegliere quali cantare?
«No, c’è l’imbarazzo della scelta, per me è facilissimo e scelgo senza problemi, è anche salutare per me. Vede considero il pubblico come una sorta di “padre” e la mia voce come una sorta di “madre”. Conta questo».
In quanti paesi, a parte l’Italia, ha cantano nella sua carriera?
«Premetto che nel 1968 andai a Sanremo, tutti dicevano che avrei vinto, poi invece è arrivato primo Carlos. Ho iniziato a capire che potevo e dovevo essere emigrante e ho accettato alcune proposte all’estero. Devo dire che ho fatto molto bene perché queste esperienze poi mi hanno dato tanto, ho imparato molto. Rispondendo alla domanda, forse farei prima a dirle quali sono quelli che non ho visto. La Mongolia, per esempio, dovevo andare ma poi all’ultimo il Covid ha bloccato tutto, è stato un vero disastro».
Il o i ricordi più belli della sua lunghissima carriera?
«Ce ne sono tanti, davvero. Potrei però raccontarle di quando è uscito il mio primo disco, è stato un momento magico, avevo in mano la solidità. Avrò forse venduto solo cinque copie, ma era il primissimo, emozionante. Il primo posto è arrivato dopo il quarto disco».
Tra gli artisti di oggi, chi pensa potrà esserci fra sessant’anni e più?
«Vede, io canto, faccio bene il cantante, non saprei che dirle: oggi viviamo in un mondo strano. Ci sono però artisti che mi piacciono, guardo per esempio a Marco Mengoni o Tiziano Ferro che mi aveva invitato anche alla sua data di Bari, ma io ero altrove e non ho potuto esserci».
Dove sta andando la musica italiana?
«Siamo nell’epoca in cui tutto è computerizzato, è musica artificiale, è la musica di oggi. In passato scrivevano artisti come De Gregori o Guccini, Modugno o Carosone, quelle erano epoche. La musica è lo specchio dei tempi».
Com’è stato recitare in passato?
«Sto recitando anche mentre rispondo, faccio la parte dell’intervistato che racconta. Bisognerebbe dialogare di più con le parole e non farlo con le armi».
Ha fatto tutto quello che voleva o le manca ancora qualcosa?
«Non credo. I miei anni sono 4 volte 20 e ancora qualche sera fa sono salito sul traliccio del palco, con il microfono in mano, lo faccio da una vita. Sapesse come è bello vedere le 5 o 10mila persone che sono giù tutte con lo sguardo verso di me».
Ci sale mentre canta?
«Sì, con il microfono a gelato».
Al Bano e le Marche?
«Ho tanti amici, ricordo in particolare il mio primo sarto, Vittorio».
Le ha visitate?
«C’è l’imbarazzo della scelta su cosa vedere. Come in tutta Italia, del resto». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico