Cucinare nella terracotta, le ricette al coccio sono in molti menu: dalle lumache al maiale, alle prelibate minestre e zuppe

La pasta "pippoli" de la Bona Usanza di Serra de' Conti
ANCONA - Intramontabile, la cucina con pentole in terracotta. Anzi, è una cottura che più contemporanea non c’è. È ecosostenibile, si tratta...

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ANCONA - Intramontabile, la cucina con pentole in terracotta. Anzi, è una cottura che più contemporanea non c’è. È ecosostenibile, si tratta d’argilla; economica, assimila lentamente il calore, lo diffonde uniformemente e lo mantiene a lungo; regala piatti sani e gustosi. Le pietanze cuociono nei propri liquidi e grassi naturali, non si disperdono i valori nutrizionali e il cibo assorbe intensamente tutti gli aromi. «È la versione secolare della moderna tecnica a bassa temperatura» entra nel merito lo chef Luca Facchini, docente all’Alberghiero di Senigallia e direttore dell’Accademia di Tipicità di Fermo. «È la classica stufatura con pentole polivalenti. Ideale per le nostre nonne che le usavano sulla stufa, sul braciere vicino al camino o sotto le ceneri e aggiustando le ricette davano ottimi risultati».

 

 
Intingolo e lumache 
Di fatto, nelle Marche, la ricetta “al coccio” spesso è nei menù. “Da Maria” a Pierosara di Genga, Gabriella Spintoni, nuora d’arte - la suocera era Maria Locci fondatrice del ristorante - punta su una golosa cucina casalinga. “Al coccio”, ci sono proposte gourmet, come le lumache di terra consigliate dal marito e maître de salle Claudio Bruffa. «Questa cottura rende le sopraffine carni delle lumache allevate nelle Marche ancora più succulente. Il piatto inoltre è ricco di un intingolo ideale per fare “la scarpetta” con il nostro pane casereccio».


Maiale alla birra 
All’Osteria Zanchetti, nascosta nei bei vicoli di Fossombrone, l’oste Luca gioca la carta audace della birra dai riflessi granati “Klavernia” del Birrificio del Catria di Cantiano. Abbina questa belgian dark strong ale (7,5°) dal profumo di frutta rossa sotto spirito con sentori di malto, con lo stinco di maiale allevato nel Montefeltro. «Inizia – spiega – con la cottura nel coccio delle carni nella birra, ben coperte per almeno 4 ore a 130 gradi. Poi, spolpo l’osso e ricompatto la carne che ricompongo in una terrina sempre di coccio con le varie verdure per un ulteriore passaggio al forno». Lo abbina a verdure di stagione. Il piatto saluta l’arrivo dell’autunno ed originale, declina la birra come affermato sapore del territorio.


Ciavarro e cicerchie


Mentre “Lu Ciavarre” annuncia la primavera. Si tratta di una minestra tipica di Ripatransone, il belvedere del Piceno, che si cuoce nel coccio. Si fa mischiando fagioli, ceci, lenticchie, fave, orzo. «Aveva la funzione di ripulire le dispense dei rimasugli invernali per far posto ai freschi prodotti dell’estate», racconta Massimo Giannetti. Con il fratello Attilio, ha dato vita all’Agriturismo Iervasciò dove usano i prodotti della loro azienda agricola bio. Nei 34 ettari coltivano grano, vite, orto, un secolare oliveto con la cultivar Nebbia del Menocchia ed allevano pecore. Anche a Serra De Conti, il coccio è tra le pentole favorite per cuocere la cicerchia Presidio Slow Food. Di solito, si presenta a tavola in una pagnotta di pane scavata. La cicerchia oggi, con la “Bona Usanza”, è diventata una farina che mescolata alla farina di ceci si trasforma in una pasta senza glutine, i “Pippoli”, che vanno aggiunti a ceci, funghi, carote, pomodoro con una spolverata di curry, di aglio essiccato e paprika. In questo caso, la terracotta non solo è custode dei sapori delle tradizioni ma potenzia la veracità di una cucina marchigiana innovativa. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico