Il paradosso di Francesca: "Io, anti-mondana ma manager di eventi. E solo con il mio stile"

Francesca Berrè
Se per gioco si dovesse rintracciare Francesca Berrè attraverso degli hashtag, verrebbe istintivamente da cercare parole guida come #notte, #divertimento #movida #eventi....

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Se per gioco si dovesse rintracciare Francesca Berrè attraverso degli hashtag, verrebbe istintivamente da cercare parole guida come #notte, #divertimento #movida #eventi. Tutte giuste, certo. Poi però ti trovi davanti questa bella ragazza dall’età indecifrabile, dallo stile minimalista e dall’understatement spontaneo, sorridente non per posa, che ti dice «non sono per niente mondana». Se pensate a Francesca Berrè come la regina della notte o stereotipi simili, toglietevelo dalla testa. Lei manco andava in discoteca da ragazzina, e di discoteche vere e proprie, modello romagnolo per capirci, si tiene lontana anche oggi. Il Sui – pensato e gestito come un club - , è forse l’unica esperienza che si avvicina al mondo notturno a cui ha lavorato. Almeno, puoi essere considerata l’anima della festa…Sorride, prima con gli occhi chiari che hanno una luce infantile: «Preferisco essere la garanzia della festa. Di un certo tipo festa, con musica di qualità, con divertimenti senza eccessi, con uno stile preciso che ho costruito negli anni».


Il fisico da indossatrice
Questa donna minuta, dal fisico sottile da indossatrice – lavoro che da giovane ha fatto in molti show room negli anni d’oro in cui Ancona era un centro di rappresentanza di abbigliamento – e dall’obliquo ciuffo biondo, con due profili nei social e migliaia di persone al “seguito”, riesce a dipingere di garbo e savoir faire anche l’incontro con le drag queen incontrate all’U–Bahn dove ha collaborato questo inverno: «persone gentili, che hanno saputo entrare in empatia». 

Il popolo della notte
Il popolo della notte?. «È disparato. Al bancone del Sui ho visto passare intere generazioni, gente molto diversa, ma non ho mai lavorato con i giovani, il mio target è gente grande e selezionata per un certo gusto». Anche disperato? «Ma no…. Beve un bicchiere, ha voglia di raccontarsi, cerca quasi conforto in queste serate». Droga? «Mai usata, io sono sempre vigile anche se bevo un paio di bicchieri. Se ce n’è? Dipende dai locali, come ovunque». Sembri voler “proteggere” la tua clientela, restituire un mondo di buone maniere… «È capitato di aver assistito a risse o a sbronze, ma in generale le mie serate sono situazioni in cui ci si diverte senza eccessi, dove conta la musica di qualità, l’ospite giusto, l’animazione, l’atmosfera». Ho un terreno che ho curato attentamente – dalle Azalee degli scorsi anni all’U – Bhan al Passetto – ho cercato di selezionare un pubblico, una proposta di divertimento che abbia una riconoscibilità. Se capita il rompiballe riesco a gestirlo con tranquillità».
Il momento-top? Riguarda la musica e una sua protagonista: «Skin al Sui, quando ancora non era stata lanciata dai talent, per il mio compleanno, ho ancora i brividi» . Francesca saluta (sorridendo) dalle 300 alle 500 persone a serata, (ma non ha una ruga di espressione) anche se i suoi amici, dice, si contano sulle dita di due mani. «Mica posso essere musona…e comunque negli anni, forse proprio per il passare degli anni, ho fatto virare il mio lavoro su eventi diversi e più compatibili con la mia età e la mia immagine: oggi organizzo soprattutto sfilate e serate aperitivo, ritaglio atmosfere giuste, più mie. E di questi eventi mi piace curare tutto, dallo staff alle luci all’abbigliamento, al dj: sì, proprio come un puzzle». 

Il tempo della notte è finito
Il tempo della notte è finito ma dopo una serata va a letto non prima delle 3. Ci vuole un fisico bestiale…«Ci vuole proprio una preparazione atletica», ammette Francesca che dice di fare pilates, di seguire una dieta quando è fuori dai locali, di bere con moderazione anche se per natura è “godereccia” e le piace il buon cibo. Cosa serve per fare questo lavoro? «Attitudine alla relazione con gli altri, naturalmente, una sorta di generosità nel dialogo e nell’ascolto, molta tolleranza. E poi essere multitasking: essere capace di ascoltare (davvero) sorridendo – mettiamo a un gruppetto di clienti – e contemporaneamente stare attenta al cameriere che deve fare un certo servizio, alle luci, agli ospiti che arrivano. Se mi diverto? Mentre gli altri ballano tu stai lì, attenta che tutto proceda bene…Diciamo che mi piace». 

È un lavoro compatibile?

Un lavoro compatibile con il tuo carattere? «In parte. Certo non fingo: sono sorridente. Poi a casa e nel tempo libero ho bisogno di rannicchiarmi, sono l’opposto». Ex indossatrice, per anni in uffici di rappresentanza di abbigliamento, ora come vivi la moda? «Una grande passione, il primo amore. Ci tengo, ma sono spartana. Mi dicono che sono stilosa – ride – non so, comunque cerco uno stile che non si esibisce. Viaggi? Prima giravo molto. Ora meno». E la piazza anconetana come è? «Ehhh sarebbe facile fare eventi a Civitanova! Oggi posso dire che è una piazza un po’ diffidente, difficile perché ibrida – una metà del sud, una metà guarda a Pesaro - ma giusta».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico