Pesarese stuprata dopo la serata in discoteca a Cattolica. Muratore di Montecchio condannato a 4 anni e 2 mesi

Pesarese stuprata dopo la serata in discoteca a Cattolica. Muratore di Montecchio condannato
CATTOLICA Stupro di Cattolica, ieri la sentenza davanti al tribunale collegiale di Rimini. Il caso è quello del 23enne albanese, muratore di Vallefoglia finito in carcere...

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CATTOLICA Stupro di Cattolica, ieri la sentenza davanti al tribunale collegiale di Rimini. Il caso è quello del 23enne albanese, muratore di Vallefoglia finito in carcere la scorsa estate, accusato di violenza sessuale nei confronti di una 20enne pesarese. La violenza sarebbe stata consumata all’esterno di un locale che si trova sulla spiaggia a Cattolica. Lui nega tutti gli addebiti, ma la procura ha chiesto 7 anni di condanna. 


La ricostruzione


Secondo le carte i due giovani si erano conosciuti poco prima tramite amici comuni con i quali si trovava nel locale. E’ stata la stessa ragazza a raccontare che si erano appartati per parlare lontano dalla musica che impediva loro di sentirsi. Ma qui lui, durante il tragitto verso il parcheggio dove erano diretti, lui avrebbe cambiato atteggiamento prendendola per un braccio, strattonandola per portarla dietro un cespuglio. Riparato dalla vegetazione avrebbe iniziato a palpeggiare e buttata a terra, contesto in cui sarebbe caduto il telefono della ragazza che chiedeva aiuto a un amico tramite un messaggio. Secondo l’accusa lui le avrebbe sfilato con forza i pantaloni e gli slip, consumando un rapporto nonostante i suoi tentativi di allontanamento e le sue proteste. 


L’accusa


La ventenne era stata successivamente portata al Pronto soccorso dell’ospedale Infermi di Rimini. I medici avevano riscontrato ferite alle parti intime e segni compatibili con la violenza sessuale, stabilendo una prognosi di 15 giorni. Il giovane, assistito dall’avvocato Marco Defendini, ha raccontato un’altra versione sin dal primo interrogatorio. «Non l’ho violentata». La ragazza aveva il ciclo, cosa che mal si concilierebbe con la volontà di consumare un rapporto. Un parcheggio in cui c’erano altre coppie e un lasso di tempo durato 10 minuti, in cui lei avrebbe anche ricevuto delle chiamate. 


La difesa


La difesa sostiene che il ragazzo le aveva persino chiesto se voleva rispondere e tanto da riferire al giudice il nome di chi chiamava. Il giovane davanti al giudice aveva dimostrato sorpresa o rincrescimento per via delle accuse ricevute dalla ragazza. La ragazza si è costituita parte civile tramite l’avvocatessa Elena Fabbri che si è costituita anche come Gens Nova, l’associazione a tutela delle vittime di violenza. Ha depositato una richiesta di risarcimento di 100 mila euro sostenuta anche dal «profondo turbamento dopo quanto successo». L’avvocatessa Elena Fabbri sottolinea: «Siamo soddisfatti della sentenza ma questo non basterà mai a cancellare quanto successo». 


Le parti civili


Quella sera c’era stata anche una colluttazione con un amico della ragazza, un giovane che avrebbe ricevuto il messaggio in codice con la richiesta d’aiuto. Anche il 22enne si è costituito parte civile. L’imputato aveva detto di aver mollato un cazzotto per difendersi dal gruppi di giovani che lo avevano avvicinato. Ieri il giudice ha condannato il ragazzo a 4 anni e 2 mesi e a 50mila euro di risarcimento nei confronti della vittima e 3000 nei confronti del ragazzo. L’avvocato Marco Defendini promette appello.
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Corriere Adriatico