SAN LORENZO IN CAMPO - Ha capito che volevano ucciderlo e si è reso conto che non aveva via di scampo. Con i suoi elementi oggettivi, la scena di un crimine parla agli...
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Per questo efferato omicidio, i quattro giovani di origini calabresi arrestati il Primo maggio scorso dai carabinieri su ordinanza del giudice per le indagini preliminari Francesco Messina, dopo 45 giorni di serrate indagini per lo più tecnologiche e scientifiche coordinate dalla sostituta procuratrice Maria Letizia Fucci, devono ora rispondere davanti alla Corte d’Assise di Pesaro del reato di omicidio volontario aggravato da premeditazione, futili motivi e crudeltà.
Codice alla mano, rischiano l’ergastolo Nino Deluca, 28 anni, residente a Pesaro; il fratello Franco Deluca, 40 anni, rientrato da poco in Italia dalla Germania, prima a Pesaro poi a Melissa, in provincia di Crotone; Dante Lanza 34 anni e Massimiliano Caiazza, 28 anni, entrambi residenti a San Pietro in Casale e originari di Cetraro, in provincia di Cosenza.
Il processo si aprirà il 22 gennaio. Ritenendo evidenti le prove acquisite, la procura della Repubblica, entro sei mesi dall’applicazione della misura cautelare, ha chiesto e ottenuto dal gip per i quattro il giudizio immediato, bypassando così l’udienza preliminare e accelerando la procedura.
L’omicidio di San Lorenzo in Campo presenta rilevanti aspetti di sensibilità sociale. «Questo è un fatto gravissimo - commenta la procuratrice Cristina Tedeschini - commesso a danno di un anziano solo, che viveva in campagna ed era per definizione una vittima fragile. Fragile anche nel suo sistema di rapporti affettivi, familiari e locali. L’indagine si è prospettata molto complicata perché il sistema delle relazioni era così rarefatto. C’è stato uno sforzo investigativo veramente notevole, che in tempi lodevolmente brevi ha consentito, partendo 24 ore dopo il delitto, quando è stato scoperto il cadavere, di portare il caso ai giudici della Corte». Perciò, un esplicito plauso viene espresso dalla procura al nucleo operativo del comando provinciale dei carabinieri, oltre che alla consulente Buscemi.
Il movente della rapina
Il movente è ritenuto quello della rapina essendo noto ai fratelli Deluca, conoscenti di lunga data della vittima attraverso l’amicizia storica del padre, che Grilli era solito tenere ingenti somme di denaro in casa (due anni fa qualcuno gli aveva rubato 40mila euro, che custodiva nelle scatole). Soldi che prestava ai conoscenti e che conservava soprattutto nella cassaforte. Quella che gli assassini hanno cercato invano di aprire, perché non sono riusciti a farsi dire da Grilli, prima di ammazzarlo, il numero della combinazione. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico