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PESARO - Non solo un problema di sicurezza. Il disagio lavorativo degli addetti al Pronto soccorso non si esaurisce nell’esposizione ai rischi di un punto di frontiera sanitaria e sociale, perché è l’unico luogo nella notte dove chi vive una qualche forma di disperazione sa di essere accolto, ma dipende anche e soprattutto dalla mancanza di spazi, dall’operatività in ambienti logisticamente precari per lo stazionamento, lungo giorni, dei pazienti no Covid prima del ricovero nel reparto dedicato.ù
Il problema, quindi, è quello della mancanza di posti letto ordinari, tuttora fortemente ridotti per la pandemia.
«Abbiamo al Pronto soccorso barelle o letti uno affiancato all’altro - ha dichiarato Marta Ruggeri, in replica all’assessore alla salute Filippo Saltamartini che rispondendo a un’interrogazione della capogruppo del M5s aveva riferito dell’incontro di lunedì con i responsabili dei Pronto soccorso -. Persone che aspettano anche 80 ore prima di avere una sistemazione, purtroppo degenti che non hanno le dignità neanche nel momento finale della propria vita perché non c’è un letto nel reparto in cui portarli. Quindi forse bisognerà trovare un equilibrio anche in questa cosa».
Ovvero la dotazione dei posti letto. «Gli operatori sanitari - ha precisato Ruggeri - erano sotto organico e sotto stress prima della pandemia, con il Covid-19 è esploso un sistema che era già fragile».
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