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Il coordinamento
A sigillare il cerchio manca ancora un elemento ma è determinante: il movente. E l’arresto si porta dietro il suo carico di interrogativi ancora insoluti. Perché Michael e Pierpaolo hanno litigato? Perchè ha massacrato l’amico che non lo aveva mai abbandonato? Si sono fatte tante ipotesi, a cominciare da quando il fratello Gianmarco ha ritrovato il corpo di Pierpaolo martedì mattina cercandolo dopo che non si era presentato al lavoro. Scartata da subito la pista della droga si è pensato a una richiesta di soldi per debiti di gioco ma si tratta di una versione tutta da verificare. «Ce lo dovrà dire lui» tagliano corto gli inquirenti per cui l’omicidio di via Gavelli è ancora un cubo di Rubik con qualche tassello da posizionare.
Non abbandonarlo
«Non lo voglio abbandonare, ha solo me e non mi farà mai del male» ripeteva ai genitori e chi lo metteva in guardia su comportamenti che potevano degenerare. Di sicuro c’è che lunedì sera i due avevano cenato insieme, condiviso pasta, birra e sigarette. Ma poi c’è stato un alterco, un violento litigio degenerato in una colluttazione che, chi ha visto la cosiddetta scena del crimine, definisce «furiosa». Pierpaolo Panzieri ha cercato di difendersi dall’aggressione come dimostrerebbero i tagli e le ferite riscontrate sulle mani e lo stesso Michael Alessandrini nella colluttazione avrebbe riportato delle escoriazioni. Poi però la vittima è stata raggiunta nel bagno e finita con una sequela di fendenti a schiena, addome, mani, di cui quello mortale al collo anche se l’autopsia disposta per la giornata odierna potrà essere più esauriente sulle cause del decesso, a partire anche dall’arma usata.
Sparito il portafoglio
Si ipotizza che possa essere un coltello dalla lama sottile e affilata, forse anche un cutter che l’aggressore aveva già con sè. L’arma non è stata ancora ritrovata, così come dall’appartamento sono spariti cellulare e portafoglio della vittima. Michael Alessandrini una volta uscito dall’appartamento lasciando lungo la stretta via macchie di sangue come Pollicino non è più tornato a casa al San Marco, nell’albergo di famiglia dove collaborava, ha preso l’auto, una Renault Clio e, con 500 euro in contanti da poco ricevuti dalla nonna, si è allontanato in tutta fretta da Pesaro, senza nemmeno cambiarsi i vestiti imbrattati, diretto oltre confine, per raggiungere l’Europa dell’Est passando per Gorizia. E, ancora come Pollicino, nella sua fuga ha lasciato fin troppi segni, come nell’appartamento dove sono stati tutti repertati per farne analizzare il Dna.
I sospetti
Appena i sospetti degli inquirenti si sono concentrati sul 30enne, anche la targa dell’auto ha iniziato a disseminare tracce dei suo passaggi. Quando ha superato il confine per dirigersi in Slovenia, è stata discretamente seguita. C’era una task force di polizia alle costole del ricercato anche se poi a fermarlo materialmente, come nella migliore casualità, ieri mattina è stato un banale controllo su un treno dopo che la Clio l’aveva lasciato a piedi. Il mandato di arresto europeo(Mae)è stato emesso nel pomeriggio dal gip di Pesaro su richiesta della Procura. «Tutto in meno di due giorni dalla scoperta dell’omicidio - chiosa il questore -.Questo risultato è stato reso possibile non solo grazie alla bravura dei poliziotti coordinati dalla nostra procura, ma anche al clima collaborativo esistente tra forze dell’ordine e popolazione. Una ricchezza non sempre scontata».
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Corriere Adriatico