Muore in ospedale, nessuno avverte i familiari: odissea per trovare la salma

Muore in ospedale, nessuno avverte i familiari: odissea per trovare la salma
PESARO – Muore in ospedale e nessuno avvisa la famiglia. E’ il triste finale di Giovanni Giorgini, 90 anni, ricoverato da due settimane presso il reparto di medicina...

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PESARO – Muore in ospedale e nessuno avvisa la famiglia. E’ il triste finale di Giovanni Giorgini, 90 anni, ricoverato da due settimane presso il reparto di medicina interna del San Salvatore di Pesaro. Ha dovuto vivere le sue ultime ore senza i suoi cari accanto. A raccontare la storia è la nipote Vida Giorgini, che per prima ha scoperto l’agghiacciante vicenda.

«Mio nonno era in condizioni gravi ma siamo sempre andati a trovarlo, volevamo stargli vicino e non farlo sentire solo – spiega di ritorno dal funerale – malgrado la neve, la pioggia e le strade disastrate lo abbiamo sempre seguito per mesi in tutti gli ospedali in cui è passato; Fano, Urbino, Sassocorvaro e alla fine Pesaro, dove l’ultima volta che lo abbiamo visto vivo era martedì 13 marzo, alle 17». Poche ore prima che a Fano scoppiasse l’allarme bomba che ha costretto diversi pazienti del Santa Croce a muoversi. «Mercoledì 14 marzo, per una serie d’impegni che avevamo, non siamo riusciti a passare in ospedale, anche se ormai aspettavamo solo la chiamata che ci comunicasse il decesso, a qualsiasi ora del giorno e della notte, avevano tutti i nostri numeri e in passato ci hanno chiamato per qualsiasi cosa; la mattina del 15 marzo, insieme a mia sorella Monia, siamo tornate al San Salvatore per vedere il nonno, ma al suo posto abbiamo trovato un’altra persona e siamo subito andate a chiedere dove fosse il paziente».


Per le due donne inizia così una serie di rimpalli di responsabilità, versioni diverse, risposte parziali, fino alla scoperta della verità: Giovanni Giorgini è stato dichiarato morto alle ore 20:45 del 13 marzo, ma per una inammissibile dimenticanza dell’infermiere di turno, complice il caos creato dall’allarme bomba, nessuno ha avvisato la famiglia del decesso e la salma è stata trasferita alla camera mortuaria. «E’ stato un susseguirsi assurdo di storielle – prosegue la Giorgini - prima ci è stato detto che il nonno era stato spostato in una stanza non meglio precisata in fondo al reparto, abbiamo guardato dappertutto, ma nessuna traccia; a quel punto parlando con le infermiere ci viene detto di tornare in guardiola dove iniziano a scaricare le responsabilità una sull’altra, una dice che non era di turno, l’altra che era li al mattino, e abbiamo iniziato a spazientirci, fino a quando una infermiera con tono quasi scocciato ha detto che Giorgini era morto 4 giorni prima». Cosa impossibile, considerando che il 13 marzo, almeno fino alle 17, Giorgini era ancora vivo. Il clima si fa difficile, le due donne si rivolgono ai medici che attraverso i registri di reparto ricostruiscono la vicenda, risalendo al momento della morte, ma della salma non c’è ancora traccia. «Abbiamo chiesto di telefonare alla camera mortuaria ed effettivamente anche loro si chiedevano perché, dopo due giorni, nessuno era andato a reclamare il defunto, tanto che stavano per metterlo nella cella frigorifera come un ignoto qualunque». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico