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PESARO - Insulti e oltraggi sui social nei confronti del sindaco Matteo Ricci e del Comune, in autunno i primi due processi. Sul banco degli imputati due pesaresi che con i loro commenti su Facebook avevano offeso l’ente locale e il primo cittadino. Il reato è quello della diffamazione. Il Comune ha affidato l’incarico all’avvocatessa Mariangela Bressanelli per costituirsi parte civile e chiedere il risarcimento danni.
Di querele in piedi ce ne sarebbero sei e queste sono solo le prime. Tra gli epiteti: «Sindaco Pdm, Codardo! Vieni da solo dove vuoi con me o manda uno dei tuoi scagnozzi picchiatori in tua vece.
«Riteniamo superato il limite sia per quanto riguarda gli attacchi alla dignità delle persone, sia per il concorso ad alimentare un clima d’odio pericoloso per tutta la comunità – così disse in primavera il vice sindaco Daniele Vimini -. L’azione di monitoraggio e denuncia, rivolta in questa prima fase particolarmente a interventi su pagine e gruppi Facebook, comprenderà anche il vaglio di interviste e interventi a mezzo stampa. Resta confermata la volontà di devolvere al fondo di solidarietà del Comune di Pesaro per le famiglie in difficoltà gli eventuali risarcimenti ottenuti». Tutto era iniziato con una lettera con la minaccia al sindaco Matteo Ricci in cui anonimi scrivevano «sappiamo dove abiti».
Un foglio raffigurante una pistola con bossoli. Marco Perugini, presidente del Consiglio Comunale aggiunge: «Il Comune si è quindi reso conto, anche alla luce di una escalation del fenomeno “hater sul web e rispetto alle minacce all’incolumità dei singoli, che se questi comportamenti vengono semplicemente ignorati, finiscono per ledere l’immagine e la credibilità dell’istituzione che rappresentiamo, l’efficacia delle nostre azioni, la dignità e la serenità di chi vi opera a tutti i livelli. Dunque sono state proposte alcune querele e la magistratura ha ritenuto che vi fossero gli elementi per arrivare al processo. L’odio a tutti i livelli va condannato, per questo abbiamo avviato le denunce. Sono commenti reiterati, insulti che non possono essere più tollerati dall’Ente e da chi lo rappresenta come nel caso della persona del sindaco».
I due processi sono fissati per il 1 ottobre e 5 novembre. Un chiaro segnale che l’amministrazione non lascerà più correre e che la comunicazione, anche sui social, è un elemento importante. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico