Spaccio di droga (comprata su Telegram) e botte a Pesaro, l'ex baby bullo nega le aggressioni. Gli altri due fanno scena muta davanti al giudice

In manette un 18enne di origini marocchine Y.W

Spaccio di droga (comprata su Telegram) e botte a Pesaro, l'ex baby bullo nega le aggressioni
PESARO Nega le aggressioni, ma amme lo spaccio. Ieri gli interrogatori di garanzia per i due neomaggiorenni arrestati nei giorni scorsi con le accuse di spaccio, estorsioni...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

PESARO Nega le aggressioni, ma amme lo spaccio. Ieri gli interrogatori di garanzia per i due neomaggiorenni arrestati nei giorni scorsi con le accuse di spaccio, estorsioni tentate e consumate e lesioni. Con loro un terzo ragazzo, colpito da obbligo di dimora in Lombardia. In manette un 18enne di origini marocchine, Y.W. intorno al quale gravitavano gli altri indagati, già noto per aver fatto parte della baby gang di piazza Redi, assieme all’altro giovane, A. B. di origini albanesi. I due avrebbero gestito un traffico di oltre 5 kg al mese di hashish. Gli acquirenti erano per lo più minorenni. 

La ricostruzione

L’attività investigativa ha permesso di ricostruire diverse efferate aggressioni e varie estorsioni, nei confronti di acquirenti in ritardo nei pagamenti dello stupefacente. Botte con mazze, nasi spaccati e lividi. Tanto che i genitori degli acquirenti minorenni, consapevoli dell’indole violenta degli indagati, hanno preferito cedere alle richieste e corrispondere il denaro. Y.W. assistito dall’avvocatessa Luciana Maria Ippolito avrebbe negato davanti al giudice le aggressioni, si sarebbe arrabbiato per alcuni mancati pagamenti, ma senza toccare nessuno. La droga l’avrebbero ordinata su gruppi Telegram. Scena muta invece per il ragazzo di origini albanesi, difeso da Leonardo Chiocci. Infine il giovane milanese, difeso da Alessandro Pagnini, si è avvalso della facoltà di non rispondere. I due pesaresi restano in carcere. Eppure vengono contestate varie estorsioni, anche grazie all’ausilio di intercettazioni. In cui i ragazzini apparivano come boss. «Violenterò tuo figlio, ti darò due coltellate» avrebbe detto il giovane di origini marocchine rivolto al padre di un minorenne per un debito di oltre 1.000 euro. E ancora «Ti prendo a pugni in bocca». Poi le botte a due minorenni colpevoli di non essersi fatti consegnare i soldi di un debito di un loro amico da 2.500 euro. Episodi in cui emerge anche il furto di alcuni panetti di hashish nascosti in un giardino. Di qui le minacce nei confronti di un minorenne di prenderlo a coltellate. Ma non solo, il giovane era stato preso a mazzate da i due leader della banda tanto da procurargli la frattura delle ossa nasali e contusioni con una prognosi di 30 giorni. Da un altro minorenne si erano fatti consegnare una collanina d’oro e persino l’anello della madre. Ragazzini costretti a vivere in uno stato d’ansia. Un contesto in cui la droga aveva le sue parole in codice. I soldi erano i «flus», lo stupefacente «mezze tute, tute e pantaloni». Droga che veniva comprata e consegnata vicino al cimitero di Villa Fastiggi a ritmi di 4 o 5 chili al mese.

L’approvviggionamento

Ordinati addirittura su una pagina Telegram. Un ragazzino minacciato ha scritto disperato sull’app Youpol «Minaccia di accoltellarmi se non pago 500 euro, ho il terrore di uscire». Già perché tra le pressioni anche quella di pagare «un Sinti di Bologna, passa col motorino e ti spara». Ragazzini assoggettati alla banda tanto che dopo le botte, il dato era chiaro. «Ha detto che non denuncia». Il giovane pretendeva rispetto. «Voi sapete con chi scherzate?». E ancora: «Questa città del caz.. di nome Pesaro è mia».

 

Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico