Il sindaco al funerale del padre: «Che dolore non essere lì. Mi diceva: fai le cose per bene»

La chiesa di Gimarra con il feretro di Fortunato Seri e l'intervento del figlio, il sindaco Massimo
FANO - L’aspetto forse più crudele dell’epidemia di Covid-19 è che nega l’ultima carezza, l’ultimo abbraccio, l’ultimo bacio a una...

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FANO - L’aspetto forse più crudele dell’epidemia di Covid-19 è che nega l’ultima carezza, l’ultimo abbraccio, l’ultimo bacio a una persona cara. «Non essere lì al momento del trapasso è il dolore peggiore, io e la mia famiglia ce lo porteremo per sempre», ha detto ieri il sindaco Massimo Seri nella nuova chiesa del Carmine a Fano. Cominciava così il suo saluto al padre Fortunato, che è spirato a 83 anni nel pomeriggio di giovedì scorso, mentre era ricoverato nell’ospedale San Salvatore a Pesaro.

 

 

Questa intima sofferenza per il commiato negato traspariva già in una preghiera scritta dalla famiglia e consegnata al parroco don Gianni Petroni al termine del funerale, concelebrato assieme ad altri sacerdoti fanesi.

Un picchetto d’onore
Tante persone alle esequie, quante ne poteva contenere la chiesa nel rispetto del distanziamento, e altrettante, forse anche di più, che hanno seguito dal sagrato, dove il feretro è stato atteso da un picchetto d’onore composto da tutte le forze dell’ordine. «Accarezzalo tu, abbraccialo tu, confortalo tu», era la preghiera rivolta al Padre dai cari di Fortunato Seri. Un uomo che apparteneva «al secolo scorso, al ‘900». Una persona di valori solidi, dunque, che si era dato «due pilastri» dell’esistenza, ha detto il figlio: «Il lavoro e il sacrificio, per fare in modo che io e mia sorella potessimo salire su quell’ascensore sociale oggi purtroppo fermo». Un momento di commozione anche durante l’omelia di don Gianni, quando il sacerdote ha ricordato la lunga amicizia che l’ha legato a Fortunato Seri (la casa della famiglia è a Gimarra), citando i suoi frequenti e sinceri ringraziamenti per il lavoro svolto dall’oratorio a favore dei giovani nel quartiere.

«Chi era mio padre?», ha detto Massimo Seri al momento di iniziare il suo ricordo. Era «un uomo riservato, ma al tempo stesso sempre disponibile verso gli altri», che parlava con i gesti concreti e quotidiani, da cui si percepivano una bontà e una dolcezza interiori. Un nonno «che si inteneriva guardando i nipotini», una persona «semplice e senza grilli per la testa», orgogliosa di avere lavorato come infermiere nell’ospedale Santa Croce a Fano e soprattutto di averlo fatto nella «gloriosa ortopedia del dottor Cormio». Era anche un padre orgoglioso, Fortunato Seri. Della figlia Cinzia che ha seguito le sue orme professionali, a sua volta infermiera, e del figlio Massimo, prima assessore provinciale e adesso, da quasi sette anni, sindaco di Fano: «I tuoi figli sono il frutto della tua esistenza e del tuo esempio». L’esempio di un uomo emigrato in Svizzera per trovare lavoro, poi rientrato a Fano agli inizi degli anni ’70 e assunto come infermiere in ospedale. Un uomo tutto d’un pezzo.

L’amore per la moglie


«Un giorno – ha proseguito il figlio – mi prese da parte e mi disse in dialetto fanese, dopo avere letto un articolo sulla Provincia, quando ero assessore: Oh, mi raccomando, comportatevi bene, che noi siamo sempre andati a testa alta». Un uomo, Fortunato Seri, che ha saputo superare tante traversie, come quella volta che riuscì a recuperare dopo essere stato colpito da un fulmine. E dopo «quella brutta malattia, che ti allontana dal presente e dalle persone care»: nella memoria resterà però il ricordo «di te e della mamma che camminavate tenendovi per mano». La prova ulteriore, il Covid: «La stavi superando, ma poi sono sopravvenute le complicanze». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico