Bambino rischia di soffocare per gioco Salvato da un infermiere di passaggio

Bambino rischia di soffocare per gioco Salvato da un infermiere di passaggio
FANO «L’ho visto steso per terra, immobile, vicino a lui la madre che urlava disperata: ho pensato che suo figlio fosse morto». Comincia così il...

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FANO «L’ho visto steso per terra, immobile, vicino a lui la madre che urlava disperata: ho pensato che suo figlio fosse morto». Comincia così il drammatico racconto di Pasquale De Rosa, trentaquattrenne infermiere di geriatria all’ospedale Santa Croce di Fano. La persona giusta all’ultimo momento utile. Stradina percorsa per caso Stava percorrendo per caso una stradina secondaria, in una frazione fanese a Sud del fiume Metauro, quando si è imbattuto in una scena straziante. Un bambino di cinque anni aveva una fascetta stringente stretta al collo e stava soffocando: l’intervento di De Rosa gli ha salvato la vita.


 
La successione dei fatti
Ecco come sono andate le cose in quegli attimi, 30 o 40 secondi al massimo, che devono essere sembrati interminabili. Secondo le prime ricostruzioni dell’episodio, ieri intorno alle 12, il bambino aveva stretto per gioco la fascetta intorno al proprio collo, ignaro del pericolo cui si sarebbe esposto, mentre si trovava all’aperto nel piccolo scoperto della sua abitazione. Era una fascetta di plastica dura, del tipo che consente solo il movimento a serrare e di conseguenza non può essere allentata: può solo essere tagliata. «Sul viso del bambino – prosegue De Rosa – erano già evidenti tutti i segni di una grave sofferenza, non riusciva a respirare, né a chiedere aiuto».

La sua voce, la voce dell’infermiere, è stata invece avvertita a decine di metri di distanza, le sue urla hanno perforato anche i muri delle case lì intorno: «Un coltello, portatemi un coltello, ho gridato con tutto il fiato. Avevo provato a inserire due dita sotto la fascetta, per allentare la stretta sul collo del bambino, ma mi sono subito accorto che, insistendo, avrei ottenuto l’effetto contrario».

Le forbici che si rompono
Bisognava tagliare. È arrivato un paio di forbici, ma l’operazione è risultata più difficile del previsto: «Ho stretto con tutta la mia forza e le forbici si sono spezzate». Ecco anche il coltello. Tutto il vicinato, intanto, era già sceso in strada e trepidava per la sorte del bambino. «Oltre che resistente – prosegue De Rosa – la fascetta era quasi entrata nella carne e con il coltello rischiavo di fare male al bambino, allora ho usato le mie dita per proteggere il suo collo. Al limite mi faccio male io, ho pensato, e dopo un po’ sono riuscito a tagliare quella specie di cappio terribile. Il bambino ha ripreso a respirare». De Rosa mostra le dite usate come scudo: «Ferite di poco conto». Sul posto, poco dopo, l’ambulanza del 118 e il piccolo, figlio di una coppia di immigrati, è stato trasportato al pronto soccorso dell’ospedale Santa Croce.

Ricoverato in ospedale

L’hanno ricoverato, ma ora le sue condizioni non destano preoccupazioni particolari. Resteranno per parecchio tempo i segni di ciò che è accaduto, sarà ancora più tenace il ricordo della tragedia sfiorata. «Era destino che dovessi passare di lì, perché in realtà non era nei miei programmi», conclude De Rosa. Aveva infatti deciso all’improvviso di cambiare percorso, mentre passeggiava insieme con i suoi due figli, un nipotino e il cognato. La persona giusta al momento giusto, l’infermiere trentaquattrenne. Come cinque anni fa a Senigallia, dove salvò la vita a un bambino che stava soffocando a causa del cibo andatogli di traverso.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico