Pesaro, guarito dal Coronavirus a casa, la moglie: «Avevo promesso ai nostri figli che non l'avrei lasciato in ospedale»

Pesaro, guarito dal Coronavirus a casa, la moglie: «Avevo promesso ai nostri figli che non l'avrei lasciaro in ospedale»
PESARO - E’ la storia di una famiglia unita per combattere il coronavirus e che e oggi ha vinto la propria battaglia uscendo più forte che mai. Con il malato curato a...

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PESARO - E’ la storia di una famiglia unita per combattere il coronavirus e che e oggi ha vinto la propria battaglia uscendo più forte che mai. Con il malato curato a casa con i farmaci antimalarici Mara Azzarito è una moglie, una madre, ma soprattutto una donna coraggiosa. «Tutto è iniziato quel primo marzo che non potrò mai dimenticare – racconta – mio marito ha accusato febbre alta al suo rientro dal lavoro, pochi giorni dopo gli stessi sintomi del virus hanno colpito anche me, seppure in forma meno grave». 


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«Sono state settimane durissime - prosegue - a un certo punto credevo di non uscirne e di perdere mio marito, che aveva una difficoltà respiratoria seria. Fin dall’inizio dei sintomi Covid siamo stati seguiti dal medico di famiglia. Devo dire che il monitoraggio era quotidiano, eppure la febbre non accennava a scendere».
 
«Nei giorni più duri in cui non conoscevamo ancora l’aggressività del virus ai polmoni, ho avuto il supporto e un aiuto importante dai sanitari del 118. Fra loro c’era Nicoletta operatrice della prima linea, che sentivo quasi ogni giorno per la terapia prescritta nella fase iniziale, antibiotici e cortisone ma mio marito purtroppo peggiorava. Un uomo forte e un gran lavoratore, 56 anni compiuti il 4 aprile. Il 18 marzo è stato necessario allertare l’ambulanza e poi trasferirlo al Pronto Soccorso del San Salvatore per una lastra ai polmoni, dove gli è stata diagnostica la polmonite bilaterale. Erano i giorni più drammatici dell’emergenza, ricordo di aver visto il terrore e il dolore di tanti in ospedale. Per questo avevo promesso a me stessa e ai miei figli di 19 e 21 anni, che non avrei lasciato mio marito in ospedale. Ricordo le parole di mia figlia: non lasciare il babbo da solo, riportacelo a casa. A Pesaro non c’era più posto e dal Pronto Soccorso, sarebbero stati costretti a trasferirlo come paziente Covid a Jesi. Dovevo farmi forza per la mia famiglia, e quando ho firmato per riportare mio marito a casa, anch’io avevo la febbre». 


Nonostante questo, siamo riusciti a curarlo a casa con la terapia dei sanitari del San Salvatore, grazie al farmaco per la malaria usato per curare il Covid, è migliorato e oggi posso dire che ha vinto la sua battaglia. Abbiamo riconvertito ogni spazio della nostra casa, dove io e mio marito ci siamo isolati. E’ stato mio figlio più grande, Andrea a procurarci le mascherine e dividere e isolare tutte le stanze, separatamente gli uni dagli altri. Si è preso cura di noi e in ogni stanza con mascherina e guanti, igienizzava sempre ogni superficie. Poi, finalmente, ne siamo usciti. Il 15 aprile mio marito sarà sottoposto al secondo tampone di verifica. Anche io ne ho fatto richiesta per capire se posso considerarmi del tutto guarita, terminata la quarantena, ancora però non ho avuto alcuna risposta». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico