GINEVRA - Se il risultato di quest’anno ha ferito l’orgoglio automobilistico italiano, la storia del premio “Auto dell’Anno” vede nel made in Italy...
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Alle spalle di Fiat ci sono le 6 vittorie di Renault (due delle quale ottenute da altrettante generazioni della Clio, unica oltre alla Golf capace di concedere il bis) e le 5 che costringono Ford, Opel e Peugeot, titolari di 5 successi ciascuna, a stringersi sul terzo gradino del podio. Per quanto riguarda le candidate, i requisiti che devono ispirare i giurati al momento del voto – design, comfort, sicurezza, economia, handling, prestazioni, funzionalità, attenzione all’ambiente, piacere della guida e listino, con un occhio di riguardo alla tecnologia e al rapporto qualità/prezzo – di fatto escludono dalla lista le supercar a tiratura forzatamente limitata, mentre anche le auto sportive non hanno mai goduto di grande considerazione, a eccezione della Porsche 928 incoronata nel 1978.
Mentre la recente “febbre da Suv” trova puntuale riscontro nelle vittorie della Peugeot 3008 nel 2017 e della XC40 quest’anno. Sono numerose le occasioni in cui i giurati hanno manifestato la capacità di guardare lontano, anticipando i nuovi trend e l’evoluzione dei mercati. Per esempio contribuendo nel 1993 a esorcizzare quello che per molti costruttori europei era il “diavolo giapponese” assegnando al titolo alla rivoluzionaria Nissan Micra le cui innovative soluzioni tecnologiche hanno riscritto le regole del gioco nel segmento delle city car.
Un discorso analogo riguarda le alimentazioni alternative, guardate con una diffidenza ancor oggi non del tutto sopita: la Toyota Prius, eletta “Auto dell’Anno 2005”, costituisce un certificato di credibilità attribuito alla propulsione ibrida, oggi proposta da quasi tutti i costruttori. Ancor più coraggiosa (e discussa) la scelta di incoronare nel 2011 l’elettrica Nissan Leaf, rafforzata l’anno successivo dal premio all’accoppiata elettrica ad autonomia estesa Opel Ampera/Chevrolet Volt. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico