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La scelta
La “forte” scelta di Baracchini è stata infatti quella di raccontare Violetta, nell’opera originale (tratta da una storia vera) una prostituta d’alto bordo, come un trans: scelta che si evidenzia sul palco con la presenza, in alcuni momenti, di un mimo, suo alter ego maschile. E se a fare il verso a Traviata ci pensò già Pretty Woman negli anni ’90, per il regista il pregiudizio moderno si sposta sulla scelta di genere, una tragedia dell’intimità che ha al centro una protagonista incapace, lei per prima, di accettare se stessa e la sua storia.
«Innovativo e utile»
Per Sara, 18 anni, venuta apposta da Pesaro, «la tematica transgender rende questo allestimento innovativo e molto adatto ad un pubblico di ragazzi, quelli che di solito l’Opera tende a distanziare. Il mimo rende più esplicito il concetto e quasi scardina la nudità sul palco, cosa che forse i ragazzi non sono abituati a vedere soprattutto all’Opera, considerata qualcosa di vecchio, antico, fuori moda e a tratti conservatore. Avere introdotto una scena tipica da bar, dove far baldoria e nottata, si lega moltissimo alle tematiche giovanili e consente di approcciarsi anche a delle riflessioni da quel punto di vista. Credo che un’opera così possa annullare quella distanza che di solito tiene lontani i giovani che già vanno poco anche a teatro». Alice di 19 anni è venuta con un’amica, senza alcuna preparazione, ma è colpita dall’allestimento così moderno: «è bellissima, ma non è poi così evidente la tematica transgender, almeno fino al secondo atto, ci piace questa scena così attuale, gli abiti moderni, è intrigante». Dunque, l’idea di Baracchini di attualizzare la scandalosa vicenda dell’Ottocento creando questa nuova identità per Violetta non è né più scandalosa né così evidente, almeno fino alla toccante scena dell’«Amami Alfredo» nel secondo atto. Quasi 10 minuti di applausi accolgono gli artisti: pubblico entusiasta e coinvolto fino all’ultima nota. Un successo non scontato, ma carico di approvazione e consenso dei tantissimi under 30.
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