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RECANATI - Nella filosofia dell’azienda Clementoni il gioco è come un’impronta che lascia un segno in quel percorso di scoperta, confronto e immaginazione che contribuisce alla crescita di ogni persona. Un segno che nella vita di Giovanni Clementoni, figlio del fondatore dell’azienda di giocattoli recanatese nata negli anni ‘60, resterà indelebile. E se finora a renderlo tale era stata la consapevolezza di aver contribuito alla crescita di tante generazioni, adesso il sigillo arriva con l’onorificenza che gli è stata conferita dal Presidente della Repubblica.
L’onorificenza
C’è anche lui, infatti, nell’elenco dei nuovi 25 cavalieri del lavoro nominati da Sergio Mattarella. A Giovanni Clementoni, nato nel 1962 ad Ancona e dal 2002 amministratore delegato dell’azienda, viene così riconosciuta l’impronta che la Clementoni ha dato all’economia del Paese, esportando in tutto il mondo prodotti che hanno fatto la storia dello svago per bambini - come il gioco educativo Sapientino, in vendita dal 1967, fino alla recente serie di tablet Clempad - o anche celebri giochi da tavolo per i più grandi.
I fratelli
Accanto a lui, ai vertici aziendali, i fratelli Patrizia, Stefano e Pierpaolo. Da quando Giovanni Clementoni ha preso in mano le redini dell’azienda, è stata avviata l’internazionalizzazione con filiali commerciali in Europa e una logistica ad Hong Kong. Oggi Clementoni commercializza ogni anno 28 milioni tra giocattoli e giochi da tavolo, tradotti in 16 lingue e distribuiti in 83 paesi, con un export del 70%. Realizza il 90% della produzione nello stabilimento di Recanati. Ha sviluppato i livelli occupazionali da 240 a 600 dipendenti. Ora che per l’Ad è arrivata l’onorificenza, Clementoni ripensa alle sue radici. «Credo che il mio stesso orgoglio lo avrebbe provato mio padre se fosse stato qui (Mario Clementoni è scomparso nel 2012, ndr). Lo stile e l’impostazione sono i suoi e questo traguardo è stato raggiunto da tutta la mia famiglia. Anche i miei tre fratelli, che mi hanno sempre sostenuto, hanno questa sensazione di prolungamento rispetto ai nostri genitori. Mi sento di meritare solo in parte questa onorificenza e di doverla condividerla con loro».
Loro, cresciuti con il monito del padre che diceva «Il gioco è una cosa seria». «Ne siamo convinti - rimarca Clementoni -. Tanto che noi tutti ci ispiriamo a questo principio: è la destinazione dei nostri sforzi. Se c’è un insegnamento che mio padre mi ha trasmesso è quello di non prendersi mai troppo sul serio, cercando di essere grati al contorno. Anche se tutta la mia vita è dedicata all’azienda, riconosco che intorno a me ho persone che con altrettanto sacrificio e spirito rendono le cose possibili». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico