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ANCONA - Gli effetti della guerra in Ucraina si ripercuotono subito sul turismo. Una conseguenza di matrice psicologica. L’instabilità, la minaccia di un possibile allargamento del conflitto, destano preoccupazioni tra i viaggiatori. E di fatto crollano le richieste ai tour operator in un periodo, tra l’altro, cruciale. Perché tra febbraio e marzo, solitamente, si comincia a gettare le basi per il periodo estivo. Quindi se non si chiudono i contratti adesso, vuol dire che la stagione estiva viene quasi del tutto bruciata. E sarebbe il terzo anno consecutivo, dopo i due falciati dalla pandemia.
Il crollo
«A febbraio pre-covid si viaggiava ad un ritmo di 180-200 richieste al giorno - spiega l’imprenditore Ludovico Scortichini, titolare del tour operator Go World e presidente del Gruppo Turismo Confindustria Marche Nord - fino a 10 giorni fa ci attestavamo a 55-56 richieste».
I colpi
Il settore del turismo ha subito enormi scossoni lungo tutto il periodo della pandemia. Soprattutto i vettori che si occupano di outgoing e incoming. Prima i protocolli di entrata e uscita dalle nazioni che hanno scoraggiato chiunque avesse voluto affrontare un viaggio all’estero. Adesso la guerra. «Quello del turismo organizzato è un settore unico e non esportabile - specifica Scortichini - nel senso che non possiamo delocalizzare le nostre aziende. La professionalità dei nostri dipendenti è la nostra vera linea di produzione. Abbiamo bisogno di loro e non possiamo perderle». Ma contro le crisi diplomatiche internazionali c’è poco da fare, se non sperare in una de-escalation della tensione. «Ma sento comunque di dover fare un appello al governo regionale e nazionale - puntualizza l’imprenditore - affinché diano supporto a questo settore per fare in modo che le aziende possano davvero ripartire, altrimenti davanti a noi c’è solo il baratro dei licenziamenti, liquidazioni e fallimenti che vogliamo evitare a tutti i costi».
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Corriere Adriatico