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ANCONA - Lancette indietro di un’ora, consuetudine e denominatore comune per molti Stati da quasi 60 anni. Pausa: da domani l’ora legale, la convenzione adottata per meglio sfruttare l’irradiazione del sole durante il periodo estivo, tornerà a cedere il passo, fino al prossimo 31 marzo, a quella solare. Guadagneremo un’ora di sonno e si riproporranno gli immancabili dibattiti tra detrattori e sostenitori. Il cambio scatterà alle 3, nella notte tra il 28 e il 29 ottobre.
Fu la necessità a suggerirne il vantaggio: durante la Prima Guerra mondiale le risorse divennero scarse, così la Germania decise di mettere in pratica il piano, applicando il primo giorno di ora legale nel 1916. L’Italia seguì l’esempio, era il 1918; da allora fu abolita e ripristinata più volte fino al 1966, quando la questione si risolse per legge. La scelta sul come procedere ora sarà influenzata dalla decisione, ancora da prendere, dell’Unione europea.
I bioritmi
Nell’attesa, lancette indietro tutta. Mauro Silvestrini si mantiene in equilibrio sul tempo: «Sono molti i pareri contrastanti.
Il vantaggio
Razionalizza lo scenario Carlo Bisci, climatologo dell’Università di Camerino. «Ogni intervento utile a ridurre il consumo energetico e, quindi, le emissioni di gas climalteranti, è utile. È lodevole riuscire a ottenere, con questo semplice meccanismo, proposto già più di due secoli fa dallo scienziato Benjamin Franklin, il vantaggio di un’ora in più di luce naturale nelle sere d’estate». La sintesi: «Spero che il dibattito a livello europeo si concluda permettendoci di continuare ad avere questo strumento che, ogni anno, ci consente di ridurre in Italia le emissioni di CO2 di oltre 200.000 tonnellate, e di contenere la spesa per l’approvvigionamento di carburanti».
Il test proposto
Provare, per credere. Passa alla fase pratica, Giorgio Calcagnini: «Premesso che sono contrario ai cambi d’orario, proporrei un esperimento: affidarci all’ora legale per cinque anni». L’economista, e rettore dell’Università di Urbino, fissa una condizione: «Il test dovrebbe valere a livello europeo, altrimenti i disagi che si verrebbero a creare, per esempio nel sistema dei trasporti, sarebbero insostenibili». Tra l’uniformità della scelta e il sentire comune, il docente parte dal suo sentire: «Io amo avere più luce a fine giornata, una propensione condivisa da molti miei amici e conoscenti». Riordina concetti che si soprappongono in ordine sparso: «Non ritengo che i dati in circolazione, spesso in contraddizione tra loro, abbiano una validità scientifica». Su un elemento, tuttavia, si sofferma: «Pare che l’ora legale provochi più incidenti stradali: lo dicono le statistiche. Sarà effetto del ciclo sonno-veglia». Testare. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico