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ANCONA - Si è messa in moto la macchina della solidarietà e degli aiuti umanitari per l’Ucraina. Ad attivarla la Comunità dei cittadini ucraini nelle Marche. Due gli asset: l’invio di beni di prima necessità e l’organizzazione per l’ospitalità dei profughi. La filiera dei volontari coinvolge anche le istituzioni e le organizzazioni umanitarie locali: Comuni, Caritas, Questure, Croce Rossa e singoli cittadini. Dieci i punti di raccolta dislocati su tutta la regione: Falconara, Ancona, Fermo, Tolentino, Pesaro, Macerata, Senigallia, Loreto, Jesi e Porto Recanati. In ciascuna località un referente della Comunità Ucraina coordinerà le azioni.
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Gli aiuti
La catena di contatti è partita già da giorni. Tutto ruota attorno agli appartenenti alla numerosa comunità di cittadini ucraini stanziati nelle Marche. Sono in totale 5.300, bene integrati nella società. Lavorano e quasi tutti hanno mogli, mariti e figli qua con loro. Mentre altri hanno lasciato buona parte dei familiari nella terra di origine, in località che adesso si trovano sotto l’assedio delle truppe russe. Città dove da giorni si continua a sparare.
La raccolta
Medicine e cibi in scatola sono le principali necessità. «Ma i medicinali devono transitare tramite canali ufficiali, come la Croce Rossa» specifica la presidente della Comunità. «Servono anche coperte, vestiti, sacchi a pelo, fazzoletti umidificati perché in molti posti non c’è acqua per lavarsi» continua Jaklin Bachynska. Sul profilo Facebook della Comunità Ucraina nelle Marche è stata postata la lista di tutti i beni più urgenti. In molte zone di guerra non c’è più energia elettrica. Dunque servono torce a batteria, generatori di energia, stufe da campo. Ma anche estintori, nel caso le esplosioni provochino incendi. Sul fronte dell’ospitalità, invece, il meccanismo burocratico è più complicato. «Non possiamo muoverci in maniera autonoma - specifica Maryna But - ma dobbiamo utilizzare i canali istituzionali, quindi ci stiamo confrontando con gli uffici della Questura di ogni territorio che vorrà ospitare i profughi. E contemporaneamente parliamo con la Caritas».
L’apprensione
Intanto c’è grande apprensione e preoccupazione per i familiari che sono ancora nei territori sotto attacco. Jaklin Bachynska, ad esempio, è originaria di Boryslav, città a 60 chilometri dal confine con la Polonia nella regione di Leopoli. «Ho paura per i miei parenti» dice, e si commuove quando pensa all’ultima telefonata ricevuta da sua cugina: «si sentono le sirene suonare continuamente - racconta con la voce rotta dal pianto - i miei nipoti sono stati portati dai parenti in Polonia, mentre gli adulti restano in città a combattere». La resistenza ucraina è di fatto cominciata anche tra i civili. «Ho un figlio di 35 anni a Ivano-Frankivsk - racconta Myroslava Aatamanchuk, responsabile del punto raccolta di Macerata - si è arruolato tra i resistenti e presto lo chiameranno per combattere e difendere la nostra città». Myroslava è in Italia da 20 anni. Lavora come infermiera a Macerata dove c’è anche suo figlio minore che ha espresso il desiderio di raggiungere il fratello per andare a combattere. «Non abbiamo paura - continua Myroslava - l’Ucraina è la nostra patria. E se ce ne fosse bisogno partirei anch’io. A mio figlio minore ho detto solo di aspettare. Se poi dovesse servire, andrà a combattere anche lui per il nostro popolo».
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Corriere Adriatico