Nelle Marche organizzano l'esercito della solidarietà, ma il cuore è in Ucraina con chi combatte: «Mio figlio di 35 anni si è arruolato tra i resistenti». Le storie

Manifestazione per l'Ucraina in piazza Cavour ad Ancona
Manifestazione per l'Ucraina in piazza Cavour ad Ancona
di Andrea Maccarone
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Martedì 1 Marzo 2022, 02:55 - Ultimo aggiornamento: 15:05

ANCONA - Si è messa in moto la macchina della solidarietà e degli aiuti umanitari per l’Ucraina. Ad attivarla la Comunità dei cittadini ucraini nelle Marche. Due gli asset: l’invio di beni di prima necessità e l’organizzazione per l’ospitalità dei profughi. La filiera dei volontari coinvolge anche le istituzioni e le organizzazioni umanitarie locali: Comuni, Caritas, Questure, Croce Rossa e singoli cittadini. Dieci i punti di raccolta dislocati su tutta la regione: Falconara, Ancona, Fermo, Tolentino, Pesaro, Macerata, Senigallia, Loreto, Jesi e Porto Recanati. In ciascuna località un referente della Comunità Ucraina coordinerà le azioni. 

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Gli aiuti 
La catena di contatti è partita già da giorni. Tutto ruota attorno agli appartenenti alla numerosa comunità di cittadini ucraini stanziati nelle Marche. Sono in totale 5.300, bene integrati nella società. Lavorano e quasi tutti hanno mogli, mariti e figli qua con loro. Mentre altri hanno lasciato buona parte dei familiari nella terra di origine, in località che adesso si trovano sotto l’assedio delle truppe russe. Città dove da giorni si continua a sparare. E manca tutto: acqua, cibo, medicinali. «Da sabato scorso ci siamo attivati per organizzare la raccolta di beni di prima necessità - spiega Maryna But, presidente della Comunità Ucraina nelle Marche - tutto va trasportato fino alla frontiera con mezzi privati». Una staffetta che parte direttamente dall’Ucraina e arriva nei punti di raccolta per caricare i rifornimenti e trasportarli al confine con l’Ucraina. Da lì, poi, partirà una redistribuzione per l’invio dei beni nelle zone più critiche. «Siamo in contatto con organizzazioni di volontari ucraini con cui collaboriamo da otto anni - racconta Jaklin Bachynska, responsabile del punto raccolta di Jesi - da quando è cominciata la guerra nella nostra nazione e siamo in costante contatto con il consolato a Roma per l’invio dei beni di consumo». 


La raccolta 
Medicine e cibi in scatola sono le principali necessità. «Ma i medicinali devono transitare tramite canali ufficiali, come la Croce Rossa» specifica la presidente della Comunità. «Servono anche coperte, vestiti, sacchi a pelo, fazzoletti umidificati perché in molti posti non c’è acqua per lavarsi» continua Jaklin Bachynska.

Sul profilo Facebook della Comunità Ucraina nelle Marche è stata postata la lista di tutti i beni più urgenti. In molte zone di guerra non c’è più energia elettrica. Dunque servono torce a batteria, generatori di energia, stufe da campo. Ma anche estintori, nel caso le esplosioni provochino incendi. Sul fronte dell’ospitalità, invece, il meccanismo burocratico è più complicato. «Non possiamo muoverci in maniera autonoma - specifica Maryna But - ma dobbiamo utilizzare i canali istituzionali, quindi ci stiamo confrontando con gli uffici della Questura di ogni territorio che vorrà ospitare i profughi. E contemporaneamente parliamo con la Caritas». 


L’apprensione 
Intanto c’è grande apprensione e preoccupazione per i familiari che sono ancora nei territori sotto attacco. Jaklin Bachynska, ad esempio, è originaria di Boryslav, città a 60 chilometri dal confine con la Polonia nella regione di Leopoli. «Ho paura per i miei parenti» dice, e si commuove quando pensa all’ultima telefonata ricevuta da sua cugina: «si sentono le sirene suonare continuamente - racconta con la voce rotta dal pianto - i miei nipoti sono stati portati dai parenti in Polonia, mentre gli adulti restano in città a combattere». La resistenza ucraina è di fatto cominciata anche tra i civili. «Ho un figlio di 35 anni a Ivano-Frankivsk - racconta Myroslava Aatamanchuk, responsabile del punto raccolta di Macerata - si è arruolato tra i resistenti e presto lo chiameranno per combattere e difendere la nostra città». Myroslava è in Italia da 20 anni. Lavora come infermiera a Macerata dove c’è anche suo figlio minore che ha espresso il desiderio di raggiungere il fratello per andare a combattere. «Non abbiamo paura - continua Myroslava - l’Ucraina è la nostra patria. E se ce ne fosse bisogno partirei anch’io. A mio figlio minore ho detto solo di aspettare. Se poi dovesse servire, andrà a combattere anche lui per il nostro popolo».
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