Coronavirus, sono 200 i contagiati nelle Marche. Il medico si commuove: «Chi può adesso deve pregare»

PESARO - Superata la soglia psicologica dei 200 contagiati da Coronavirus nelle Marche: l’aggiornamento del Gores di questa mattina indica un totale di 200 tamponi positivi...

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PESARO - Superata la soglia psicologica dei 200 contagiati da Coronavirus nelle Marche: l’aggiornamento del Gores di questa mattina indica un totale di 200 tamponi positivi sul totale dei 795 testati dalla Sod Virologia dell’ospedale di Torrette.

 

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«Spero che il picco ci sia già stato, ma purtroppo temo di no. Posso soltanto sperarlo perchè da noi in ospedale la condizione è veramente difficile e pesante». Il dottor Umberto Gnudi, responsabile della Medicina d’urgenza e Pronto soccorso di Marche Nord, parla con un tono stanco ma fermo. Si interrompe solo un attimo, lungo quel tanto che basta per rivivere gli ultimi dieci giorni. «La situazione sta peggiorando, noi tutti siamo sotto pressione per lo sforzo profuso - prosegue - ma abbiamo ancora forze per reagire perché faccio parte di un gruppo meraviglioso. Siamo allo stremo eppure tutti si offrono di lavorare, alzano la mano e rispondono presente. Ci sono telefonate continue per coprire i turni o potenziarli e io non posso far altro che rispondere: “Vieni che c’è da fare”». 

La catena della solidarietà professionale e umana salda gli operatori sanitari che pure stanno pagando un prezzo altissimo. E non solo perchè non c’è più privato o famiglia. Diversi sono risultati positivi al virus, altri hanno fatto diventare l’ospedale una seconda casa per evitare di essere potenziali portatori di contagio da diffondere («se fossi infetto?»), tutti hanno dimenticato turni, orari, riposi. E di fronte a 61 ricoveri di cui 12 in Terapia intensiva (Pesaro e Fano), 16 in Malattie infettive («Siamo pieni» spiega la direttrice generale di Marche Nord, Maria Capalbo), 27 alla Murge, si cercano posti letto ma anche nuove forze per aiutare chi già aiuta. «Non so fino quando dovremo e potremo fronteggiare l’emergenza - spiega Capalbo - ma stiamo impegnando davvero tutto in questa battaglia. C’è bisogno di medici, di rianimatori e di sanitari per la terapia intensiva perchè la situazione muta continuamente e la stabilità raggiunta è relativa. Le stesse condizioni dei pazienti cambiamo e possono aggravarsi. Stiamo chiamando anche medici in pensione ma abbiamo il problema dell’età che non può essere sopra i 65 anni ed è frenante per la disponibilità». Nel reparto di Rianimazione lo staff del responsabile Michele Tempesta lavora su un crinale di una continua emergenza. Fuori dal San Salvatore si rincorrono le ambulanze e il personale bardato di mascherine, tute e guanti. Un medico confida: «Chi può adesso preghi».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico