ANCONA - Il lockdown ha colpito le Marche con particolare durezza, congelando l’attività di settori trainanti per la regione quali calzaturiero, moda e meccanica. Ma...
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È il quadro che emerge dal rapporto sull’economia nelle Marche curato da Bankitalia ed illustrato ieri ad Ancona dal direttore di sede Gabriele Magrini Alunno e da Giacinto Micucci (Ufficio studi). Un’istantanea a luci ed ombre, aggiornata al 12 giugno, del periodo più duro dal dopoguerra ad oggi. Il trimestre nero che ci siamo lasciti alle spalle – quello della quarantena da marzo a maggio – ha visto l’economia frenare, bloccando attività che nelle Marche occupano il 43% dei lavoratori (dato superiore alla media nazionale), in particolare nei comparti di calzature, moda e meccanica.
L’impatto sui distretti
Il forte impatto della pandemia sulla regione è ben visibile nella mappa dei Sistemi locali di lavoro – 600 in Italia – con più alta incidenza di attività sospese durante il lockdown: al primo posto a livello nazionale c’è Montegranaro (Fermo), centro calzaturiero, ma tra le prime dieci posizioni si inseriscono anche altre due zone calzaturiere del Fermano (Porto Sant’Elpidio e Montegiorgio), la maceratese Recanati con il comparto della musica, e Pergola, centro delle meccanica in provincia di Pesaro Urbino. Nel primo semestre dell’anno, inoltre, è calato l’export del 9,5%, e circa un’azienda su tre ha registrato un calo del fatturato del 30%, con riduzione media del 25%, ma anche con significativa differenza tra tipologie di impresa: se manifatturiero e servizi (turismo, trasporti, ristorazione) hanno subito la batosta più dura, decisamente meglio sono andati – come ovvio, data la situazione – i settori dell’alimentare, dell’agrindustria e della farmaceutica. «Per alcuni aspetti – spiega Bankitalia – l’impatto nelle Marche potrebbe essere più accentuato (vedi l’elevato peso delle attività sospese), ma per altri più attenuato».
I sussidi
Discorso a parte merita il tema del lavoro, legato a doppio filo anche all’utilizzo degli ammortizzatori sociali: nel solo mese di aprile, la regione ha registrato un ricorso alla cassa integrazione ordinaria pari a quella dei cinque anni precedenti. Tra marzo e maggio, inoltre, le domande di sussidio per la disoccupazione sono aumentate del 41%, benché il rapporto rilevi come «gli effetti negativi sull’occupazione sono stati contenuti dal blocco dei licenziamenti e dal ricorso agli ammortizzatori sociali». Contestualmente, tra febbraio ed aprile, le nuove attivazioni di lavoro dipendente sono calate del 55,2%, un dato legato soprattutto all’occupazione nei settori sospesi ed al mancato rinnovo di contratti a termine. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico