Luca Traini, domani l’ultimo atto in Cassazione. La difesa: «Sbagliato parlare di strage»

Luca Traini, domani l’ultimo atto in Cassazione. La difesa: «Sbagliato parlare di strage»
MACERATA  - Fece piombare Macerata in una cappa di paura sparando dalla propria auto in corsa in alcune delle strade più trafficate della città in pieno giorno....

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MACERATA  - Fece piombare Macerata in una cappa di paura sparando dalla propria auto in corsa in alcune delle strade più trafficate della città in pieno giorno. Domani, per Luca Traini, c’è l’ultimo grado di giudizio. Alle 10 a Roma è fissata l’udienza in Corte di Cassazione davanti ai giudici del collegio 1 dopo che i suoi legali Giancarlo Giulianelli e Franco Coppi hanno impugnato la sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Appello di Ancona (che confermava la condanna di primo grado a 12 anni di reclusione) chiedendone l’annullamento ai giudici romani. 

 

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In primo grado, il 3 ottobre 2018 all’esito del giudizio abbreviato i giudici della Corte d’Assise di Macerata condannarono il giovane tolentinate – 32 anni a luglio – a 12 anni di reclusione e tre anni di libertà vigilata per tutti i reati contestati: strage, porto abusivo d’arma e danneggiamento, tutti aggravati dalla finalità di odio razziale. Quasi un anno dopo, il 2 ottobre 2019, quel verdetto fu confermato in secondo grado e, una volta lette le motivazioni, i legali Giancarlo Giulianelli e Franco Coppi hanno impugnato la sentenza. Tutto era iniziato la mattina del 3 febbraio 2018. Erano le 10.10 quando alla centrale operativa dei carabinieri arrivò la segnalazione di un uomo che a bordo di un’Alfa 147 di colore nero stava esplodendo colpi di arma da fuoco in diversi punti della città nei confronti di alcuni passanti.

Nel frattempo sui telefoni dei maceratesi arrivò l’invito dell’allora sindaco Romano Carancini a restare chiusi in casa e lontani dalle finestre. Un clima surreale di terrore vissuto per circa un’ora e mezza fino a quando, alle 12.30, sulla gradinata del monumento ai Caduti una pattuglia dei carabinieri intercettò Traini che si consegnò a loro avvolto in una bandiera italiana. In quel raid cinque uomini e una donna di colore rimasero feriti, mentre altri colpi furono esplosi contro dei locali e contro la sede del Pd di via Spalato. Per gli avvocati Giulianelli e Coppi ci sarebbero state un’erronea applicazione della norma penale e una contraddittorietà e illogicità della motivazione. Per quanto riguarda il primo motivo di appello, i legali hanno evidenziato che a Traini è stata contestata la fattispecie di reato di strage quando, a loro avviso, si sarebbe trattato invece, al massimo, di un tentato omicidio e lesioni aggravate plurime, dal momento che non sarebbe mai stata messa in pericolo la pubblica incolumità perché Traini nelle «varie tappe del suo tragico tour – scrivono i legali nel ricorso – esplodeva un solo colpo di pistola per ciascuna vittima. I sei tentati omicidi, contestati in via alternativa a Traini, sono uniti dal vincolo della continuazione; il medesimo disegno criminoso che li accomuna è la volontà di attentare la vita e l’integrità fisica di ciascuna delle vittime, non certo quella di attingere in modo indiscriminato una folla indistinta di persone; questo è l’unico vincolo». 


I legali contestano anche il riconoscimento dell’aggravante dell’odio razziale. A loro dire, infatti, Traini sparò a persone di colore perché era convinto che a Macerata gli spacciatori erano neri e lui ce l’aveva con gli spacciatori. In merito al secondo motivo d’appello (la contraddittorietà e illogicità della motivazione) questo deriverebbe dal fatto che la Corte d’Appello avrebbe tralasciato e travisato, secondo i legali, elementi fattuali fondamentali: tralasciato il fatto che Traini quel giorno agì “colto da un raptus di rabbia incontrollata” come risulta nel verbale d’arresto e travisato tempo e spazio. La Corte d’Appello evidenziò che Traini agì in un «limitatissimo ambito spaziale (poche vie cittadine)» e in un «ristrettissimo arco temporale (alcune decine di minuti)», cose invece non corrispondenti, per la difesa, a quanto accaduto il 3 febbraio di tre anni fa. 



In totale sono 13 le parti civili costituite (i sei africani feriti e due sfiorati dai colpi: Festus Omagbon, Omar Fadera, Kofi Wilson, Gideon Azeke, Diaby Makan Mohammad Tourè, Innocent Ayemere e Jennifer Otiotio, i proprietari dei locali danneggiati: Massimo Cervigni e Marco Cecchetti, il Comune di Macerata, il Pd di Macerata e Pina Antonia Marycris Geronimo, una dominicana che ha subito il danneggiamento dell’auto) tutelati dagli avvocati: Nicola Perfetti, Paolo Cognini, Francesca Marchesini, Luca Froldi, Ilenia Catalini, Gianfranco Borgani, Carlo Buongarzone, Matteo Totta, Raffaele Delle Fave e Marco Fabiani.

 

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Corriere Adriatico