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Un artista forse poco studiato, finora, ma che comunque ha ugualmente lasciato un'impronta nell'arte italiana: le opere di Oreste Bogliardi, nato nel 1900 e scomparso nel 1968 sono esposte a Monte Vidon Corrado, nella casa museo Osvaldo Licini e nel centro studi Osvaldo Licini, fino al prossimo 7 gennaio.
Il Paradiso
«Quando dipingo mi pare di essere in Paradiso», era solito ripetere Bogliardi, del quale sono esposti 45 dipinti, prevalentemente provenienti da collezioni private, che costituiscono il corpo di un'esposizione voluta per presentare l'arte di Bogliardi, dal periodo figurativo alla fase astratta degli anni 30, fino alla produzione più tarda dove astrazione e figurazione si alternano. Il percorso espositivo parte con la sezione "Ritratti", al centro studi, dove si vede come l'artista nel suo lavoro andava a fondo indagando il mondo dell'infanzia.
Il confronto
Nella sala c'è anche un ideale confronto con opere di De Amicis, con il quale e insieme a D'Errico, Fontana, Ghiringhelli, Licini, Melotti, Reggiani, Soldati e Veronesi, firma nel 1935 il manifesto per la "Prima collettiva d'arte astratta italiana". Una firma che segue quella del 1934, per il "Manifesto dell'Astrattismo italiano", insieme a Ghiringhelli e Reggiani, in occasione della prima mostra d'arte astratta in Italia, al Milione, dove i tre espongono. Proprio di Bogliardi, Ghiringhelli e Reggiani, sono rispettivamente le opere "Composizione n.10", "Composizione n. 5", "Composizione R3", tutte esposte nel 1934 e anche nella mostra di Monte Vidon Corrado. Tema, come dicono i titoli, scrive Tagliapietra, è «la musica, mentre gli spazi ingombri, i piani sovrapposti e sfalsati, le forme disordinatamente accostate tradiscono suggestioni tardocubiste e metafisiche che avevano influito inizialmente sugli astrattisti milanesi». Dopo il Milione, Bogliardi rimane affascinato anche da Picasso, e questa passione per il pittore spagnolo si vede in alcune opere realizzate tre i 1944 e il 1945: c'è il disegno preparatorio dei "Bevitori", e una tela inedita "I pensatori", con cui viene rivisitata in chiave novecentesca l'iconografia deii "Tre bevitori". Chiude la mostra una sezione degli anni 50 e 60, dove ci sono opere «che rappresentano la sua gioia nei confronti della pittura, nei confronti dell'assoluto», chiude Tagliapietra.
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