Fim a Porto Sant'Elpidio, gli ambientalisti in pressing: «Bonifica bloccata nel 2011, assurdo demolire la cattedrale»

Fim a Porto Sant'Elpidio, gli ambientalisti in pressing: «Bonifica bloccata nel 2011, assurdo demolire la cattedrale»
PORTO SANT’ELPIDIO - Sulla Fim le ragioni della proprietà non convincono gli ambientalisti. Il 30 è fissata la Conferenza dei servizi e nel frattempo torna...

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PORTO SANT’ELPIDIO - Sulla Fim le ragioni della proprietà non convincono gli ambientalisti. Il 30 è fissata la Conferenza dei servizi e nel frattempo torna all’attacco la cordata di associazioni unite nella battaglia contro la demolizione della cattedrale. Associazioni che tornano sull’argomento con nuove rivelazioni, convinte della bonifica possibile senza abbattere alcunché. Si parte dal presupposto che, nelle osservazioni della proprietà al preavviso di diniego ministeriale, è scritto che la fabbrica va demolita per procedere alla bonifica e garantire la salute pubblica.


Gli spazi


Ma «la cattedrale occupa solo il 5% dell’area Fim - scrive la cordata ambientalista - il terreno non è tutto inquinato, lo è solo in alcuni punti, secondo le indagini della proprietà. La bonifica è stata interrotta nel 2011 perché il direttore dei lavori riteneva necessari nuovi approfondimenti ma lo stop doveva essere temporaneo, invece sono passati quasi 12 anni. A fronte di paventati aumenti dei costi di bonifica la proprietà ha chiesto e ottenuto una variante all’accordo di programma che prevede l’aumento del 50% dei metri quadri da edificare ma non risultano ulteriori analisi né nuovi interventi sul terreno. Quali sarebbero gli ulteriori esborsi affrontati per il risanamento?». Questa la prima domanda del coordinamento che ricorda come la proprietà, su richiesta del Ministero, abbia svolto nuove analisi sui muri della struttura ma solo per supportare la tesi della demolizione. Si ricorda che il progetto del 2007 prevedeva gli scavi e la rimozione del terreno inquinato fino a tre metri, in alcuni punti, sicuramente sono interventi costosi «ma erano già stati evidenziati in precedenti studi» continuano le associazioni.

I vincoli monumentali

Con Legambiente ci sono Archeoclub, Fabbrica delle Idee, Italia Nostra, Kayak Picenum, Laudato Sì, Comitato Tutela Rocca Monte Varmine e Lipu. Uomini e donne che fanno notare come la proprietà fosse consapevole della situazione prima di acquistare l’area e sapeva dei vincoli monumentali. Quindi «se c’è stato un errore di valutazione, superficialità nella fase progettuale, la colpa non può ricadere sulla comunità costretta a subire le conseguenze di una molto più alta densità edilizia e ritardi nella bonifica». Non piace agli ambientalisti il braccio di ferro con il ministero «si forza la mano sulla demolizione a colpi di carte bollate mentre si lascia nel totale abbandono la Palazzina Uffici, ridicolo tentativo di scaricare la responsabilità dei ritardi e dell’eventuale rischio per la salute pubblica sul Ministero. Se invece di aspettare tutti questi anni la proprietà avesse provato a sperimentare metodologie ecocompatibili oggi avremmo risolto il problema dell’inquinamento».


La strategia


Studi scientifici e pratiche applicate «da decenni dicono - chiosano - che la bonifica in situ è praticabile senza demolire strutture vincolate. Si può agire sui metalli pesanti e altri composti inorganici tramite fitorimedio in tempi brevi, se non brevissimi. Per concludere con una battuta: se 10 anni fa avessero piantato girasoli, pioppi, vetiver o altre piante adatte allo scopo, oggi l’area sarebbe già bonificata!».

 

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Corriere Adriatico