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La direzione ostinata e contraria non è solo una felice locuzione o un modo di dire. E' un abito della mente, una caratteristica, la strada su cui ci si incammina seguendo i propri sogni e dando retta solo ed esclusivamente a loro. E a noi, alla parte più sincera e profonda dei nostri desideri, dove non si sente nessun'altra voce se non quella che viene dal cuore e, con tutta la sua forza, grida l'evidenza che ci fa felice. Occorre coraggio per proseguire su quella rotta; serve la determinazione di chi non sente ragioni se non quel tarlo che pulsa in testa; serve la forza di mettersi in marcia e partire. E pazienza per chi non è d'accordo e non condivide con noi visioni e obiettivi: non lo si può escludere ma neanche assecondare.
Il passato
Si ammanta di tenerezza la voce di Fabrizio Cesetti quando, vagabondando tra i ricordi, le tappe, gli incarichi di una vita di impegno politico e partecipazione attiva, quel modo di procedere lo rintraccia sulla sua pelle, tra la forza del suo sogno e l'opposizione di babbo Mario: «Con lui ci siamo scontrati parecchie volte - comincia - c'ero io, la mia voglia di fare, il desiderio di buttarmi nel cuore delle vicende, una gioventù in cui la politica è stata passione già dai giorni del diploma al Liceo scientifico di Montegiorgio. E poi c'era lui, il freno a ogni mia esuberanza. La risposta a qualsiasi cosa, il commento a ogni mia novità o idea era sempre quello: un bel no.
Così vinsi 750mila lire
Quel giorno, però, mi approcciai al concorso senza troppa convinzione: mi ricordo che mi sbrigai a scrivere per poter consegnare per primo e archiviare quella mattinata a cui partecipai senza motivazione, se non fosse che una delle insegnanti che sorvegliava lo svolgimento delle operazioni mi invitò a tornare a posto, a prendermi più tempo e a lavorare più approfonditamente al mio elaborato. Fu un saggio consiglio: feci marcia indietro, mi sedetti al mio banco, mi dedicai allo scritto come si doveva e qualche mese più tardi, un venerdì mattina, giunse la bella notizia: ero arrivato primo, le 750mila lire di premio erano le mie. Il lunedì successivo corsi al Liceo scientifico a iscrivermi: un pezzetto di futuro e di istruzione era nelle mie tasche, io che sognavo così tanto di poter studiare da aver pensato addirittura di farmi frate missionario. Fu così che, a settembre, si spalancarono per me le porte del Liceo. Furono anni bellissimi, di grande crescita, di importante formazione e, tanto per ribadire quella passione che è stato il leitmotiv della mia vita, anche di germogli di esperienze politiche, maturate in quel quinquennio che fu anche il primo scandito dalle assemblee degli studenti e delle relative votazioni».
Gli alunni
«Io - ricorda - ero uno studente dell'ultimo anno e, candidandomi, vinsi divenendo il primo rappresentante degli studenti del Liceo scientifico di Montegiorgio. Presi subito con serietà quell'incarico e, nell'ottica di garantire a tutti il diritto allo studio e alla partecipazione alle gite scolastiche, organizzai un perfetto sistema di raccolta fondi, basato sulla vendita dei biglietti d'ingresso alle feste di istituto che organizzammo assieme a un mio amico. Il resto della somma l'avrebbe coperta l'istituto, ma il gruzzoletto che tirammo su aveva il peso dell'impegno per una giusta causa e il sapore di una vittoria che nasceva da una passione che non mi ha abbandonato mai».
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Corriere Adriatico