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FERMO - Per frenare i giovani sbandati, Fermo sceglie la linea soft. Dell’incontro e del dialogo, al posto della repressione. Le risse che scandiscono i fine settimana sulla costa sangiorgese e gli atti vandalici che, a fasi alterne, prendono di mira il centro storico del capoluogo parlano di un disagio crescente.
E niente cambia se quelli che fanno a botte o spaccano il vetro delle auto parcheggiate per rubarci dentro, sono giovani stranieri o italiani. Perché il problema non riguarda dove sono nati, ma la loro età, sempre più bassa, e il disagio che sta dietro a certi atti. Perciò si corre ai ripari, almeno finché c’è ancora tempo.
L’idea è di usare il Terminal Dondero, quello dei bus ai maxiparcheggi, per intercettare i ragazzi difficili. Il progetto, che si chiama appunto The Terminal e durerà un anno, è finanziato perlopiù coi fondi che il Ministero della salute ha dato al Serd. E, infatti, assieme all’Ambito sociale 19 e al Comune di Fermo, tra i partner, c’è l’Area vasta 4.
Per adesso, il progetto in questione riguarda soltanto la zona del centro cittadinmo. Ma se, tra un anno, avrà dato qualche frutto, il proposito è di esportarlo anche nei quartieri più difficili. «L’idea – spiega il coordinatore dell’Ambito sociale 19, Alessandro Ranieri – è di abitare i luoghi di ritrovo dei ragazzi, andare a cercare le loro pratiche quotidiane per poterli conoscere meglio, per poi proporre iniziative che riguardano singoli e gruppi». Così facendo, aggiunge Ranieri, «si evita la vigilanza a tempo pieno e il controllo passa all’equipe di educatori». Parla di «problema territoriale che non ha i limiti geografici dei confini comunali», il sindaco Paolo Calcinaro. Problema – aggiunge – che non si risolve certo con «un’azione muscolare», ma con «un percorso di affiancamento alle aspirazioni dei nostri ragazzi, a cui daremo alternative positive per incanalare la noia, il grande nemico di queste generazioni».
Della parte scientifica dell’iniziativa si occuperà invece il Serd. «I giovani – spiega l’ex direttrice Gianna Sacchini – devono sentire che gli adulti sono interessati a conoscerli. Per riuscirci, bisogna entrare nel gruppo, confondersi all’interno e partecipare alle sue attività». «Spesso ci fissiamo sui problemi da affrontare – chiosa il presidente della Comunità di Capodarco, don Vinicio Albanesi –, ma anche i ragazzi più problematici intercettano immediatamente che qualcuno si prende cura di loro. Avremo delle sconfitte, ma il processo innescato è positivo».
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Corriere Adriatico