Task force contro i baby bulli, al Terminal mano tesa ai ragazzi difficili: «Bisogna saperli ascoltare»

Task force contro i baby bulli, al Terminal mano tesa ai ragazzi difficili: «Bisogna saperli ascoltare»
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FERMO - Per frenare i giovani sbandati, Fermo sceglie la linea soft. Dell’incontro e del dialogo, al posto della repressione. Le risse che scandiscono i fine settimana sulla costa sangiorgese e gli atti vandalici che, a fasi alterne, prendono di mira il centro storico del capoluogo parlano di un disagio crescente.

 

E niente cambia se quelli che fanno a botte o spaccano il vetro delle auto parcheggiate per rubarci dentro, sono giovani stranieri o italiani. Perché il problema non riguarda dove sono nati, ma la loro età, sempre più bassa, e il disagio che sta dietro a certi atti. Perciò si corre ai ripari, almeno finché c’è ancora tempo.


L’idea è di usare il Terminal Dondero, quello dei bus ai maxiparcheggi, per intercettare i ragazzi difficili. Il progetto, che si chiama appunto The Terminal e durerà un anno, è finanziato perlopiù coi fondi che il Ministero della salute ha dato al Serd. E, infatti, assieme all’Ambito sociale 19 e al Comune di Fermo, tra i partner, c’è l’Area vasta 4. Il quarto è la Comunità di Capodarco che metterà in campo due dei suoi operatori: la psicologa Chiara Attorre e l’educatore di strada Michele Calamanti. Il progetto parte con loro, che da mercoledì scorso, primo giorno di scuola, hanno cominciato la fase di osservazione. Quella in cui si guarda come i ragazzi che passano da quelle parti si muovono, cosa fanno, come comunicano e con chi si vedono. L’obiettivo è conquistare la fiducia dei giovani (e giovanissimi), per capirne i bisogni. A quel punto scatterà la fase progettuale e saranno decise, assieme ai ragazzi, le attività da fare con gli educatori. Di sicuro, ci saranno una web radio e iniziative nei pullman della Steat. Il resto è tutto da inventare. L’ultima parte è quella più pratica: la costruzione di un posto dove svolgere le attività, che sarà segnalato con loghi e scritte per terra e che, per il direttore della Comunità di Capodarco, Riccardo Sollini, sarà «centrale rispetto alla dimensione virtuale sempre più preponderante».


Per adesso, il progetto in questione riguarda soltanto la zona del centro cittadinmo. Ma se, tra un anno, avrà dato qualche frutto, il proposito è di esportarlo anche nei quartieri più difficili. «L’idea – spiega il coordinatore dell’Ambito sociale 19, Alessandro Ranieri – è di abitare i luoghi di ritrovo dei ragazzi, andare a cercare le loro pratiche quotidiane per poterli conoscere meglio, per poi proporre iniziative che riguardano singoli e gruppi». Così facendo, aggiunge Ranieri, «si evita la vigilanza a tempo pieno e il controllo passa all’equipe di educatori». Parla di «problema territoriale che non ha i limiti geografici dei confini comunali», il sindaco Paolo Calcinaro. Problema – aggiunge – che non si risolve certo con «un’azione muscolare», ma con «un percorso di affiancamento alle aspirazioni dei nostri ragazzi, a cui daremo alternative positive per incanalare la noia, il grande nemico di queste generazioni».

Della parte scientifica dell’iniziativa si occuperà invece il Serd. «I giovani – spiega l’ex direttrice Gianna Sacchini – devono sentire che gli adulti sono interessati a conoscerli. Per riuscirci, bisogna entrare nel gruppo, confondersi all’interno e partecipare alle sue attività». «Spesso ci fissiamo sui problemi da affrontare – chiosa il presidente della Comunità di Capodarco, don Vinicio Albanesi –, ma anche i ragazzi più problematici intercettano immediatamente che qualcuno si prende cura di loro. Avremo delle sconfitte, ma il processo innescato è positivo».

 

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Corriere Adriatico