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In sociologia si teorizza l’esistenza di uno stretto rapporto tra struttura sociale e sua semantica disponibile. Cos’è la struttura di una società? In condizioni di bassa complessità, quindi di limitate relazioni tra i nodi della rete sistemica (il cui scopo ultimo è di legittimare costantemente la rappresentazione corrente della realtà), ci potranno essere delle istanze esterne - principi morali, religiosi o metafisici - capaci di influire sui rapporti di forza, sulle organizzazioni del potere e sulla distribuzione delle risorse. Aumentando le relazioni tra i nodi, gli assetti alla base della legittimità di una struttura sociale inizieranno ad oscillare; le oscillazioni iniziano ad aumentare perché c’è un sistema sociale dominante che, di secolo in secolo, emerge sugli altri, imponendo la propria costruzione della realtà. Negli ultimi due secoli è stata l’economia a fare la parte del leone, con un grande incremento del benessere e con l’emersione di gravi problemi socio-ambientali derivanti dalla sua incapacità di leggere alcuni parametri della realtà. La semantica è il patrimonio di concetti con cui un sistema di civiltà legittima la propria visione del mondo e di sé stesso. E’ la cassetta degli attrezzi con cui funziona culturalmente una certa epoca ed anch’essa subisce erosioni e rimaneggiamenti. I concetti possono anche radicalmente mutare la loro strategia significante, costretta in un primo momento ad osservare in modo laterale rispetto alla piena corrispondenza tra parola e cosa (M. Foucault), poi in modo marginale ed alla fine - seguendo modalità opposte a quelle statuite nella fase aurea - avallando l’auto-esclusione dall’ambito delle idee e delle articolazioni relazionali più significative che contribuiva a costruire. La semantica non sarà solo la storia di un concetto, di un costume o di una pratica culturalmente accettata, ma anche la garanzia di sostanziale prevedibilità delle strategie di comportamento di ego su alter e viceversa. La struttura della società si basa sul riconoscimento di un sistema di aspettative reciproche, senza il quale diventa difficile garantire l’ordine sociale. Dunque, ad un certo patrimonio concettuale farà riscontro una determinata struttura sociale, attualmente in mano all’economia di mercato, capace più di altre opzioni, di interpretare l’esigenza di un forte slegamento degli individui dagli assetti normativi tipici dei sistemi di civiltà precedenti. L’iper-soggettivazione va di pari passo con la crescita dell’individualismo possessivo, con homo oeconomicus che diventa sempre meno politicus, nel senso che diviene sempre più difficile accordarsi su istanze generali, valide per tutti. Questo è il dramma dei sistemi democratici, vittime della loro formula di contingenza (N.Luhmann), cioè ricercare l’autodeterminazione e la felicità delle persone a fronte di risorse sempre più scarse. La disperante aleatorietà e ristrettezza delle diverse offerte politiche, la vergognosa banalità delle loro personalizzazioni ad uso del gusto più stravagante e della scelta più distratta, disegna il sostanziale svuotamento della funzione politica di mediazione e rappresentanza per il semplice motivo che sono state ampiamente sostituite dall’operatività normale di altri sistemi sociali. Qui ritorna il tema della semantica: stiamo vivendo una situazione in cui le decisioni da assumere non riguardano più sfere di vita sulle quali poteva essere solo la politica a determinare un rapporto di mediazione con la persona, ma in ambiti come quello tecnologico/finanziario, aquisitivo-esperienziale, comunicativo-performativo (che notoriamente si governano da soli) il cittadino definisce in prima persona le proprie competenze attoriali in modo altamente sofisticato ed in diretto rapporto con i sistemi sociali di riferimento.
*Sociologo della devianza e del mutamento sociale
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