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Dalla piattaforma-catalogo alla libertà di una card, con cui spendere quello che si può, quando si vuole.
L’evoluzione del welfare aziendale finisce per incrociarsi con il FinTech. La tecnologia è stata un ingrediente essenziale per lo sviluppo dei servizi di welfare aziendale. I provider, non a caso, venivano etichettati come “piattaformisti”: una delle loro abilità essenziali era quella di allestire una piattaforma web fruibile facilmente dal dipendente e gestita con efficienza dall’azienda che eroga i benefit alle proprie risorse umane. Tanta tecnologia, quasi sempre interconnessa con i gestionali aziendali di buste paga e amministrazione contabile. Il salto che è avvenuto negli ultimi mesi riguarda la diretta possibilità di spendere, attraverso un carta bancaria. La nuova frontiera è stata tracciata da un paio di startup e da qualche Fintech per ora vocata ad altro business. «Attraverso la nostra smart card garantiamo ai beneficiari il diritto di fruire di beni e servizi previsti dalle normative vigenti» spiega Jules-Arthur Sastre, fondatore con Giorgio Seveso della startup Tundr. Il nodo della carta bancaria (quella di Tundr è collegata al circuito Mastercard) è nella possibilità di spendere solo per quei servizi per i quali il portafoglio individuale è stato caricato.
BUONI PASTO E NON SOLO
Si tratta di beni e servizi che devono essere compresi nel piano di welfare aziendale, con diversa tassazione – il buono pasto incorpora l’Iva, il fringe benefit attualmente deve essere contenuto entro i 258 euro all’anno per non pagare tasse, il flexible benefit ammesso alla facilitazione fiscale è quello che deriva dai premi di risultato – e quindi con una gestione complessa e una complessa contabilizzazione.
UN MODELLO? SATISPAY
Quello che sembrava un mercato affollato se non maturo – sono un centinaio i provider di welfare aziendale e sussidiato attivi in Italia, secondo il report che forniscono Luca Pesenti e Giovanni Scansani – mostra invece una nuova vitalità. «Quello che sta facendo Satispay per i sistemi di pagamento lo farà Coverflex per il welfare aziendale» sostiene Chiara Bassi. «Guidare le persone verso acquisti più consapevoli e permettere alle nostre aziende clienti di promuovere il proprio impegno sociale anche grazie a report di sostenibilità trasparenti: obiettivi ambiziosi, che ci rendono unici rispetto ad altri provider» ribattono Sastre e Seveso di Tundr. La chiave di volta resta la carta bancaria in mano ai dipendenti. E il loro accesso libero e diretto ai Pos di esercizi commerciali di varia natura. L’uovo di Colombo? Fisco permettendo.
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