Una card per la spesa, il Fintech al servizio del welfare aziendale

Coverflex arriva dal Portogallo, Tundr è nata in Italia ma guarda lontano, Soldo entro l’anno avrà una proposta specifica per il mercato dei benefit

Una card per la spesa, il Fintech al servizio del welfare aziendale
di Marco Barbieri
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Mercoledì 1 Marzo 2023, 14:38 - Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 07:42

Dalla piattaforma-catalogo alla libertà di una card, con cui spendere quello che si può, quando si vuole.

L’evoluzione del welfare aziendale finisce per incrociarsi con il FinTech. La tecnologia è stata un ingrediente essenziale per lo sviluppo dei servizi di welfare aziendale. I provider, non a caso, venivano etichettati come “piattaformisti”: una delle loro abilità essenziali era quella di allestire una piattaforma web fruibile facilmente dal dipendente e gestita con efficienza dall’azienda che eroga i benefit alle proprie risorse umane. Tanta tecnologia, quasi sempre interconnessa con i gestionali aziendali di buste paga e amministrazione contabile. Il salto che è avvenuto negli ultimi mesi riguarda la diretta possibilità di spendere, attraverso un carta bancaria. La nuova frontiera è stata tracciata da un paio di startup e da qualche Fintech per ora vocata ad altro business. «Attraverso la nostra smart card garantiamo ai beneficiari il diritto di fruire di beni e servizi previsti dalle normative vigenti» spiega Jules-Arthur Sastre, fondatore con Giorgio Seveso della startup Tundr. Il nodo della carta bancaria (quella di Tundr è collegata al circuito Mastercard) è nella possibilità di spendere solo per quei servizi per i quali il portafoglio individuale è stato caricato.

BUONI PASTO E NON SOLO

 Si tratta di beni e servizi che devono essere compresi nel piano di welfare aziendale, con diversa tassazione – il buono pasto incorpora l’Iva, il fringe benefit attualmente deve essere contenuto entro i 258 euro all’anno per non pagare tasse, il flexible benefit ammesso alla facilitazione fiscale è quello che deriva dai premi di risultato – e quindi con una gestione complessa e una complessa contabilizzazione. La piattaforma semplifica la vita delle aziende. La card semplifica quella dei lavoratori. «Il nostro modello allarga l’orizzonte del welfare aziendale, da un semplice B2B a un vero e proprio B2C: il dipendente è l’utilizzatore finale e deve essere lui al centro del servizio, anche del pagamento» commenta Chiara Bassi, country manager di Coverflex, la startup portoghese che da poche settimane è sbarcata in Italia per «cogliere le grandi opportunità di sviluppo del welfare aziendale» aggiunge Bassi.

Che ci sia un orizzonte di crescita su cui scommettere lo dicono i numeri. Le stime di Aiwa indicano in 6 milioni i lavoratori (dipendenti) raggiunti dai servizi di welfare aziendale. Ce ne sono altri 11-12 milioni da intercettare, oltre ai lavoratori autonomi. Qualche anno fa il valore del mercato venne stimato nell’ordine dei 21 miliardi di euro. Tanto giustifica l’incursione dal Portogallo in Italia. Per Coverflex. Con tutto il dinamismo di una startup del Fintech. E infatti arrivano gli investimenti. Coverflex ha ricevuto una quindicina di milioni nel primo round, poche settimane fa. Tundr ha superato i 2 milioni. Ancora lontani dai 260 milioni raccolti da Soldo negli ultimi tre anni. In verità la Fintech inventata da Carlo Gualandri non si è ancora spesa sul fronte del welfare aziendale – concentrata com’è sul mercato contiguo del controllo delle spese aziendali soprattutto del personale viaggiante –, ma il software è pronto per questo indirizzo, e come sostiene il country manager Davide Salmistraro «ci affacceremo entro la fine dell’anno anche sul mercato del welfare aziendale». Insomma il Fintech fornisce nuovi modelli di business per i provider di welfare aziendale. Coverflex scommette sulla rivoluzione dei buoni pasto – zero commissioni e rimborsi quasi in tempo reale – per proporsi comunque come soggetto a tutto tondo, capace di creare un network talmente esteso di esercizi convenzionati da giustificare la scommessa degli investitori internazionali e anche italiani. Tundr si propone come «abilitatore digitale di iniziative per il people caring affidabile e sicuro, che mette in primo piano l’innovazione digitale per il welfare»: puntare sul valore “sociale” – si definiscono Social Fintech – del welfare aziendale dovrebbe essere garantito dall’accompagnamento avviato con alcuni dei professionisti più autorevoli del settore, come Martina Tombari.

UN MODELLO? SATISPAY

Quello che sembrava un mercato affollato se non maturo – sono un centinaio i provider di welfare aziendale e sussidiato attivi in Italia, secondo il report che forniscono Luca Pesenti e Giovanni Scansani – mostra invece una nuova vitalità. «Quello che sta facendo Satispay per i sistemi di pagamento lo farà Coverflex per il welfare aziendale» sostiene Chiara Bassi. «Guidare le persone verso acquisti più consapevoli e permettere alle nostre aziende clienti di promuovere il proprio impegno sociale anche grazie a report di sostenibilità trasparenti: obiettivi ambiziosi, che ci rendono unici rispetto ad altri provider» ribattono Sastre e Seveso di Tundr. La chiave di volta resta la carta bancaria in mano ai dipendenti. E il loro accesso libero e diretto ai Pos di esercizi commerciali di varia natura. L’uovo di Colombo? Fisco permettendo. 

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