La condanna di Parolisi ​"Indizi gravi e convincenti"

Salvatore Parolisi e Melania Rea
L'AQUILA - Sono state depositate oggi le motivazioni della sentenza di condanna a 30 anni di reclusione emessa dalla Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila nei...

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L'AQUILA - Sono state depositate oggi le motivazioni della sentenza di condanna a 30 anni di reclusione emessa dalla Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila nei confronti di Salvatore Parolisi per l'omicidio della moglie Melania Rea. La donna venne uccisa con 35 coltellate il 18 aprile 2011 nel bosco di Ripe di Civitella.




«Gravi sono gli indizi consistenti, cioè resistenti alle obiezioni, e quindi attendibili e convincenti». È un passaggio delle motivazioni della Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila sulla sentenza di condanna di secondo grado a 30 anni nei confronti di Salvatore Parolisi per l'omicidio della moglie Melania Rea. In primo grado Parolisi era stato condannato all'ergastolo.



I motivi della sentenza

Dopo aver esaminato le testimonianze si fa notare che «tutte le persone presenti hanno avuto modo di vedersi e ricordare di essersi viste reciprocamente, ma nessuno ha visto Parolisi e la figlia nei pressi delle altalene e ciò conduce alla logica conclusione che non ci fossero, e che l'imputato abbia sul punto, già solo per la concludenza di siffatti riferimenti testimoniali, evidentemente mentito». È uno dei

passaggio delle motivazioni della Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila sulla sentenza di condanna di secondo grado a 30 anni nei confronti di Salvatore Parolisi per l'omicidio della moglie Melania Rea.

Melania «non può essere scomparsa dal luogo e nell'orario indicati dal Parolisi», mentre Salvatore «non è rimasto con la figlia nella zona delle altalene dopo l'asserito allontanamento e fino ai primi

tentativi di chiamata all'utenza cellulare della moglie».



Il giudice aggiunge anche che «nessuna tra le tante persone presenti quel pomeriggio nella zona tra le 15 e le 15.30 ha confermato di aver visto l'imputato e la figlia nel citato arco orario, nei pressi

delle altalene, benchè il Parolisi abbia riferito di essere rimasto in quel luogo almeno fino alle ore 15.26». «Giustamente il primo giudice ha ritenuto di dover aderire alla evoluzione della dinamica omicidiaria descritta dai consulenti dell'accusa con riferimento alla successione delle ferite»: così le motivazioni della sentenza d'appello avvalorano la ricostruzione della dinamica dell'uccisione di Melania sostenuta in primo grado, che viene definita «fondata su evidenze oggettive e documentate, e sorretta da

motivate valutazioni di tipo clinico che, anche in questa sede, devono essere condivise».



Avvalorata anche dinamica dell'omicidio

Dopo aver esaminato le testimonianze si fa notare che «tutte le persone presenti hanno avuto modo di vedersi e ricordare di essersi viste reciprocamente, ma nessuno ha visto Parolisi e la figlia nei pressi delle altalene e ciò conduce alla logica conclusione che non ci fossero, e che l'imputato abbia sul punto, già solo per la concludenza di siffatti riferimenti testimoniali, evidentemente mentito». È uno dei passaggio delle motivazioni della Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila sulla sentenza di condanna di secondo grado a 30 anni nei confronti di Salvatore Parolisi per l'omicidio della moglie Melania Rea.



Melania «non può essere scomparsa dal luogo e nell'orario indicati dal Parolisi», mentre Salvatore «non è rimasto con la figlia nella zona delle altalene dopo l'asserito allontanamento e fino ai primi

tentativi di chiamata all'utenza cellulare della moglie». Il giudice aggiunge anche che «nessuna tra le tante persone presenti quel pomeriggio nella zona tra le 15 e le 15.30 ha confermato di aver visto l'imputato e la figlia nel citato arco orario, nei pressi delle altalene, benchè il Parolisi abbia riferito di essere rimasto in quel luogo almeno fino alle ore 15.26».



«Giustamente il primo giudice ha ritenuto di dover aderire alla evoluzione della dinamica omicidiaria descritta dai consulenti dell'accusa con riferimento alla successione delle ferite»: così le motivazioni

della sentenza d'appello avvalorano la ricostruzione della dinamica dell'uccisione di Melania sostenuta in primo grado, che viene definita «fondata su evidenze oggettive e documentate, e sorretta da

motivate valutazioni di tipo clinico che, anche in questa sede, devono essere condivise».



Parolisi ha mentito anche sui rapporti con Melania

Salvatore Parolisi «ha reso dichiarazioni incontestabilmente mendaci anche sul suo rapporto coniugale, nascondendo la relazione sentimentale che, ininterrottamente, da circa due anni, intratteneva con un'ex allieva conosciuta in caserma, tale Perrone Ludovica». Così i giudici di secondo grado sulla relazione extraconiugale di Parolisi nella sezione delle motivazioni dedicata al movente dell'omicidio di Melania Rea di cui lo ritengono colpevole.



Parolisi ha ucciso con il "dolo d'impeto"

Nella dinamica dell'uccisione di Melania Rea secondo i giudici d'appello si riscontra il «dolo d'impeto»: la donna è stata uccisa con «35 coltellate sferrate disordinatamente, senza una pianificazione

operativa, uno sfogo rabbioso e sintomatico del profondo coinvolgimento emotivo dell'agente, ma anche della sua superiorità fisica e della capacità di aggressione, da riconoscere a un istruttore


dell'esercito, un militare addestrato, che, per quanto indolente o non particolarmente brillante, come assume la difesa, vanta al suo attivo lunghe ore di esercitazioni e impegnative missioni in zone di

guerra».

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Corriere Adriatico