L'infettivologo Massimo Galli durante questa pandemia di coronavirus è diventato uno dei volti più visti in tv e più noti del panorama...
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Secondo alcuni studi i nuovi contagiati sarebbero «debolmente positivi». «Non c'è controprova - afferma Galli - Mentre molti debolmente positivi non passano il contagio, non abbiamo la certezza che qualcuno di loro non possa trasmetterlo. Credo si debba fissare una 'linea del Piave': per operatori di ospedali e Rsa, i lavoratori a contatto col pubblico e quelli delle scuole, l'attività non dovrebbe riprendere prima della negatività del tampone».
«Non possiamo escludere una nuova ondata dall'autunno, e questo mi pare in contraddizione con la scelta della Lombardia di togliere l'obbligo all'uso della mascherina. Mi auguro che il virus sparisca, come è successo per la Sars, ma faccio fatica a crederlo», ha detto Galli, precisando che su mascherine, distanziamento e tracciamento non dovremmo abbassare la guardia. «Mi sembra che finora l'utilizzo delle mascherine sia stato abbastanza casuale, non rispettato in maniera costante da parte di tutti. Sospenderne adesso l'uso è prematuro, è un segnale sbagliato, si mette il carro davanti ai buoi: il virus è ancora tra noi».
«Ci sono stati nuovi focolai, per esempio al San Raffaele di Roma o al Niguarda di Milano, che ci dicono che vale ancora la pena tenerla. È presto per lasciarla a casa. In molti continueranno a usarla a prescindere, tanti altri continueranno a fregarsene come hanno fatto finora». Anche per il tracciamento si è fatto poco, la app Immuni è poco scaricata. Stiamo sottovalutando la situazione? «Io lo dico da tempo: avrei preferito più test e meno plexiglass, più test e meno mascherine. Il peso della prevenzione è tutto sulle spalle dei cittadini. Si potrebbe fare a meno della mascherina se fosse garantito il tracciamento. Invece: a che punto siamo nel ripristino della medicina territoriale? Chi lavora al coordinamento dei medici di base? Sono questioni fondamentali per affrontare un malaugurato ritorno dell'epidemia».
Secondo l'Università di Genova, l'alto numero di contagi in Lombardia potrebbe favorire una seconda ondata in autunno. «Non necessariamente.
Corriere Adriatico