L'infettivologo Galli: «È presto per dire addio alle mascherine. Nuovi contagiati debolmente positivi? Non c'è prova»

L'infettivologo Galli: «È presto per dire addio alle mascherine. Nuovi contagiati debolmente positivi? Non c'è prova»
L'infettivologo Galli: «È presto per dire addio alle mascherine. Nuovi contagiati debolmente positivi? Non c'è prova»
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Martedì 23 Giugno 2020, 10:59 - Ultimo aggiornamento: 11:44

L'infettivologo Massimo Galli durante questa pandemia di coronavirus è diventato uno dei volti più visti in tv e più noti del panorama sanitario nazionale: direttore del dipartimento di Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano, oggi è stato intervistato da Repubblica e ha parlato in particolare delle mascherine e delle regole che stiamo seguendo (o almeno dovremmo seguire) in questa fase 3, oltre che delle ultime dichiarazioni di alcuni medici che hanno detto che i nuovi contagiati hanno una carica virale minore.

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Secondo alcuni studi i nuovi contagiati sarebbero «debolmente positivi». «Non c'è controprova - afferma Galli - Mentre molti debolmente positivi non passano il contagio, non abbiamo la certezza che qualcuno di loro non possa trasmetterlo. Credo si debba fissare una 'linea del Piave': per operatori di ospedali e Rsa, i lavoratori a contatto col pubblico e quelli delle scuole, l'attività non dovrebbe riprendere prima della negatività del tampone». 


«Non possiamo escludere una nuova ondata dall'autunno, e questo mi pare in contraddizione con la scelta della Lombardia di togliere l'obbligo all'uso della mascherina. Mi auguro che il virus sparisca, come è successo per la Sars, ma faccio fatica a crederlo», ha detto Galli, precisando che su mascherine, distanziamento e tracciamento non dovremmo abbassare la guardia. «Mi sembra che finora l'utilizzo delle mascherine sia stato abbastanza casuale, non rispettato in maniera costante da parte di tutti. Sospenderne adesso l'uso è prematuro, è un segnale sbagliato, si mette il carro davanti ai buoi: il virus è ancora tra noi».



«Ci sono stati nuovi focolai, per esempio al San Raffaele di Roma o al Niguarda di Milano, che ci dicono che vale ancora la pena tenerla. È presto per lasciarla a casa. In molti continueranno a usarla a prescindere, tanti altri continueranno a fregarsene come hanno fatto finora». Anche per il tracciamento si è fatto poco, la app Immuni è poco scaricata. Stiamo sottovalutando la situazione? «Io lo dico da tempo: avrei preferito più test e meno plexiglass, più test e meno mascherine. Il peso della prevenzione è tutto sulle spalle dei cittadini. Si potrebbe fare a meno della mascherina se fosse garantito il tracciamento. Invece: a che punto siamo nel ripristino della medicina territoriale? Chi lavora al coordinamento dei medici di base? Sono questioni fondamentali per affrontare un malaugurato ritorno dell'epidemia».

Secondo l'Università di Genova, l'alto numero di contagi in Lombardia potrebbe favorire una seconda ondata in autunno. «Non necessariamente. I casi in Lombardia sono, nella stragrande maggioranza, come le lumache che mettono la testa fuori dal guscio dopo la pioggia. Sono persone che dopo la quarantena si sottopongono al test e, trovandosi positive, fanno un tampone. Non mi meravigliano i positivi e non sono necessariamente espressione di una elevata contagiosità». 

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