Ascoli, la Manuli conferma il licenziamento di cento dipendenti

Ascoli, la Manuli conferma il licenziamento di cento dipendenti
ASCOLI - ​Nulla di fatto per i 100 operai del reparto Idraulica della Manuli Rubber di Campolungo. L'azienda, nel corso del secondo incontro con le organizzazioni sindacali...

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ASCOLI - ​Nulla di fatto per i 100 operai del reparto Idraulica della Manuli Rubber di Campolungo. L'azienda, nel corso del secondo incontro con le organizzazioni sindacali avvenuto ieri mattina nella sede di Confindustria Ascoli, ha ribadito la volontà di chiudere la divisione con la conseguente messa in mobilità di 100 addetti, confermando di fatto quanto annunciato a fine luglio, qualche ora prima dell'inizio del periodo di ferie.


Nel primo confronto con le parti sociali, la proprietà aveva annunciato un importante investimento (circa due milioni di euro) per l'altro reparto attivo nello stabilimento di Campolungo, l'Oil&Marine, per l'avvio di una nuova produzione di un particolare tubo per il gas. Un'opportunità salutata con favore dalle sigle sindacali che però sono rimaste ferme nella unanime volontà di rinviare al mittente l'ipotesi mobilità. Non è cambiato molto nel summit andato in scena ieri, sempre nella sede di Confindustria, alla presenza della Manuli Rubber rappresentata dal responsabile delle risorse umane Andrea Frigerio, dei referenti di settore per le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil e delle Rsu aziendali.



I confederali e l'Usb hanno ribadito la ferma opposizione allo strumento della messa in mobilità dei lavoratori poiché "se è credibile l'investimento, - si legge in una nota congiunta - questo ha bisogno, essendo una produzione particolare di qualità e totalmente manifatturiera, innanzitutto del tempo necessario per andare a regime, di professionalità adeguate, di un numero di addetti proporzionato all'entità degli investimenti stessi ed agli obiettivi di aumento della quota di mercato e di produzione". Ubaldo Falciani (Filctem Cgil), Marsilio Antonucci (Femca Cisl) e Floriano Canali (Uilcem Uil), le Rsu e Andrea Quaglietti dell'Usb hanno sottolineato "che la credibilità ed il successo dell'investimento, dipende anche e soprattutto dalla volontà di non disperdere il patrimonio di professionalità presenti e della taratura dell'organico necessario rispetto ai volumi ed agli obiettivi attesi".



Nessun passo avanti dunque nel secondo incontro di ieri con il quale si sperava di trovare una composizione degli interessi e la trattativa aggiornata al prossimo 13 ottobre. I sindacati sperano "che le posizioni dell'azienda non rimangano rigide" perché sarebbe catastrofico "aggiungere altri disoccupati a questo ormai disastrato territorio". L'investimento nel comparto Oil&Marine garantirebbe il reimpiego di solo 25 unità rispetto ai 100 per i quali verrebbe attivata la procedura di mobilità. Troppo pochi per le organizzazioni sindacali, che puntano al riassorbimento di tutta la manodopera. Dunque, mentre da un lato si lavora per tentare di arginare questa emorragia di posti di lavoro ormai dal 2007 una costante nel Piceno, il tavolo tecnico che vede accanto Confindustria e Camera di Commercio, da tempo si sta occupando della questione del riconoscimento del Piceno quale area di crisi industriale complessa.



Il 28 settembre la Regione Marche porterà ad Ascoli la delibera sullo stato di crisi che poi sarà inviata al Governo. Nell'ultima riunione oltre alla grande quantità di dati raccolti dalla Camera di Commercio che restituiscono l'immagine di un territorio martoriato, sono stati anche resi noti da Confindustria i progetti d'imprese che hanno manifestato l'intenzione di investire nella provincia più a sud delle Marche, quella alla quale la Cassa del Mezzogiorno ha "regalato" uno sviluppo pressoché diverso dalle altre realtà marchigiane : uno sviluppo illusorio fatto di multinazionali che poi, quando i tempi sono cambiati, hanno deciso di volgere lo sguardo altrove. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico