Le chat, il video e l’orrore degli abusi di gruppo: il branco di Perugia ha le ore contate, la 19enne fabrianese supportata dallo psicologo

Il branco di Perugia ha le ore contate
PERUGIA Massimo riserbo. Ma anche elementi in mano che possono rivelarsi decisivi per arrivare il prima possibile a mettere in fila i fatti e relative responsabilità. Gli...

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PERUGIA Massimo riserbo. Ma anche elementi in mano che possono rivelarsi decisivi per arrivare il prima possibile a mettere in fila i fatti e relative responsabilità. Gli investigatori della Squadra mobile di Perugia, diretti da Gianluca Boiano e coordinati dal sostituto procuratore Giuseppe Petrazzini, procedono senza sosta nell’indagine relativa alla violenza sessuale subita da due ragazze di Fabriano nella notte tra martedì e mercoledì in una piscina a Ponte San Giovanni. 


Il cerchio si stringe


Da quanto si apprende, l’individuazione degli otto giovani (tutti perugini, alcuni di origini nordafricane) coinvolti sarebbe in fase molto avanzata. Grazie al coraggio delle due ragazze, e in particolare della 19enne che ha subito la violenza più grave (l’amica di 24 è stata pesantemente palpeggiata). Le giovani, nonostante il comprensibile stato di choc in cui si trovano avrebbero fornito elementi importanti agli investigatori. Elementi su cui però occorre lavorare in una doppia direzione. La prima è quella di risalire, attraverso i contenuti delle chat sui social network (Instagram, soprattutto) e di alcuni dati personali in possesso delle ragazze, alla identità di giovani che sui social network per lo più appaiono con soprannomi o nickname. La seconda è quella di collocare ognuno di loro sulla scena del crimine.


Il racconto


«Avevo perso i sensi, quando mi sono ripresa c’era un ragazzo che mi stava violentando. Un altro di fianco mi teneva ferma» è stato il racconto della 19enne, assistita dall’avvocato fabrianese Ruggero Benvenuto, che in un momento di distrazione dei suoi aguzzini è riuscita a chiamare la polizia mettendo fine all’incubo. Proprio l’intreccio dei suoi ricordi con il video delle telecamere di sicurezza intorno alla piscina e anche ad altri accertamenti legati soprattutto a tracce di Dna sarà decisivo per stabilire chi è stato materialmente responsabile della violenza più bruta, chi dei palpeggiamenti e chi ha partecipato “esternamente” alla violenza, non impedendo che questa avvenisse.


Lo choc


«Ciò che si può riferire con certezza è che la giovane risulta profondamente scossa e traumatizzata - sottolinea l’avvocato Benvenuto -. Si trova in uno stato di gravissimo turbamento e versa in condizioni di forte stress, tanto che è stata costretta a ricorrere ad un supporto psicologico da parte di uno specialista. Sta cercando di trovare conforto in famiglia ricorrendo all’affetto dei congiunti, che le si sono stretti intorno. La giovane non si trova in condizioni neppure di poter proseguire nella propria attività lavorativa che è stata obbligata, suo malgrado, a interrompere». 
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Corriere Adriatico