JESI - Per quasi un anno sarebbe stata bersagliata da telefonate e messaggi anonimi. Agli insulti del tipo «sei una cornuta», «mi fai schifo», si sarebbero...
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La donna è finita sul banco degli imputati con l’accusa di molestie. Ma il movente non è stato sufficiente per determinare una condanna. In udienza, è arrivata l’assoluzione stabilita dal giudice Tiziana Fancello. Anche il pm Valentina Pupo aveva chiesto di scagionare l’imputata, difesa dall’avvocato Gaia Carotti. Decisiva, anche se ancora non sono state rese note le motivazioni del verdetto, sarebbe stata la mancata determinazione dell’autore delle molestie. Di fatto, sono rimaste anonime, perché partite in ogni occasione da cabine telefoniche installate in varie zone di Jesi.
Impossibile, dunque, attribuire la paternità di sms e chiamate che per otto mesi avevano monopolizzato il telefono della vittima, parte civile tramite l’avvocato Alessandro Sorana. Difficile anche capire se dall’altra parte della cornetta ci fosse un uomo o una donna. Le chiamate, infatti, erano mute. Solo gli sms, anch’essi inviati tramite cabine telefoniche, avevano un contenuto. A volte riportavano insulti («sei una personaccia, «mi fai schifo, sei una cornuta»), a volte intimavano la vittima a stare attenta ai comportamenti del marito, impegnato in presunte liaison fuori dal matrimonio. Prima della sentenza, la difesa ha depositato agli atti una lettera dove la 47enne sosteneva di essere stata vittima anche lei di molestie telefoniche rimaste anonime. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico