Staffolo, Silvia Fattori salvata dal trapianto di fegato a 25 anni: «Da quel momento ho iniziato a vivere. Ho un sogno: sapere chi era il donatore»

Staffolo, Silvia salvata dal trapianto di fegato a 25 anni
ANCONA Alla se stessa di diciotto anni fa, Silvia, direbbe di non avere paura, che tutti quei dolori un giorno passeranno e allora un angelo, il suo donatore di fegato,...

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ANCONA Alla se stessa di diciotto anni fa, Silvia, direbbe di non avere paura, che tutti quei dolori un giorno passeranno e allora un angelo, il suo donatore di fegato, arriverà a donarle una nuova vita. «L’unica vita che conosco, la mia vera vita è iniziata da quel giorno», confida. Quella di Silvia Fattori, 35enne di Staffolo, è una storia di resilienza e speranza. La stessa speranza che ora vuole infondere in quanti stanno combattendo contro una malattia. «A chi sta lottando dico di avere fiducia, e di credere sempre nella medicina», dice. 


La vicenda 


Era il lontano 2006, lei appena 17enne, quando ricevette una diagnosi inaspettata: tumore stromale gastrico, Gist. Un cancro dei più rari, l’inizio di un calvario. «Ero troppo piccola per avere consapevolezza di tutto – racconta – ma di quegli anni, ricordo l’adolescenza perduta». Silvia si sottopone ad un primo intervento, giovanissima, al Salesi di Ancona, poi alle terapie necessarie, ma nel 2014 la sorpresa più amara: la TAC di follow-up dimostra una ulteriore progressione della malattia, con lesioni diffuse anche al fegato. Silvia è stanca. I farmaci contro il dolore non producono gli effetti sperati e ogni giorno deve affrontare nausea, vomito e forti ditte all’addome. 


La svolta 


È a questo punto che i medici del Salesi decidono che bisogna rivolgersi al direttore della Chirurgia Epatobiliare, Pancreatica e dei Trapianti di Torrette, il professor Marco Vivarelli e alla sua équipe. Dopo una valutazione multidisciplinare, l’unica speranza sembra essere un intervento chirurgico. Lo scopo è quello di ridurre il dolore e rimuovere la metastasi più grande e i linfonodi allo stomaco. È il dicembre del 2014 e Silvia si sottopone all’operazione. La seconda per lei, a soli 25 anni. «Sono rimasta sempre positiva – racconta – questo lo devo ai miei genitori, che mi sono stati sempre accanto. Ma la vera forza l’ho trovata in me, in un lavoro di introspezione». L’intervento va a buon fine, ma il quadro clinico resta delicato e la paziente viene inserita in lista d’attesa per il un trapianto di fegato. «No, fosse stato per me, non l’avrei mai fatto. Ho dovuto attingere a tutto il coraggio che avevo per accettare. Non è stato facile – continua – dopo tre settimane sono stati i miei genitori a darmi la notizia: c’era un nuovo fegato per me». A gennaio 2015 Silvia torna in sala operatoria, questa volta al centro trapianti di Torrette in Ancona. Quasi dodici ore di intervento, dalle nove di mattina alle dieci di sera: si tratta del primo trapianto al mondo per metastasi epatiche, causate dal Gist in età pediatrica. 

La rilevanza internazionale


L'evento ha una tale rilevanza internazionale che il professor Vivarelli e la sua équipe, dopo 4 anni di follow up, vedono pubblicare il caso su una prestigiosa rivista scientifica, l'American Journal of Transplantation. «Senza quella donazione non sarei qui oggi», dice. Silvia ora conduce una vita normale, è sposata con Matteo da cinque anni e lavora a Jesi, in un negozio di animali. «Mi resta il sogno di sapere chi sia il mio donatore». 
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Corriere Adriatico