Adesca ragazzine (una è di Pesaro, l'altra è di Senigallia), poi le chat a luci rosse: «Mandami video osè». Un 24enne alla sbarra

Adesca ragazzine, poi le chat a luci rosse: «Mandami video osè». Un 24enne alla sbarra
PESARO - Le chat e le richieste pressanti di inviare filmati hot. Un 24enne di Avezzano è finito davanti al giudice monocratico con l’accusa di adescamento di...

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PESARO - Le chat e le richieste pressanti di inviare filmati hot. Un 24enne di Avezzano è finito davanti al giudice monocratico con l’accusa di adescamento di minorenni. Tra loro una ragazzina pesarese, all’epoca dei fatti, nel 2019, 14enne e una minore di Senigallia.

 

Un caso che verrà discusso ad Ancona per competenza territoriale, visto che a far partire la prima denuncia è stata proprio la minorenne di Senigallia. Secondo l’accusa il giovane avrebbe adescato le adolescenti entrando sempre più in confidenza con loro. Le chat e le chiacchierate hanno iniziato a riguardare il sesso e, di lì a poco, ha avanzato pretese sempre più esplicite. Fino a richiedere delle foto e video delle loro parti intime. Oltre alla pesarese c’era anche la 15enne di Senigallia. Le ragazzine, in un momento di debolezza e ingenuità, hanno ceduto alle sue richieste inviando del materiale osè. Ma queste domande e richieste diventavano sempre più pressanti, insistenti e continue tanto che entrambe si sono confidate coi rispettivi genitori. Di qui è scattata la denuncia alle forze dell’ordine che hanno sequestrato il computer e il cellulare del 24enne. E qui hanno trovato i video e le foto delle adolescenti. Indagine chiusa e giovane rinviato a giudizio per il reato di adescamento di minore. Una delle due ragazzine è assistita dall’avvocatessa Pia Perricci che vuole andare fino in fondo alla storia.

La pena va da 1  a 3 anni

 

«Si tratta di un reato che presuppone una pena da 1 a 3 anni, una pena troppo leggera perché spesso le minori vengono raggirate, tratte con l’inganno e lusinghe. Parliamo di ragazzine che hanno visto lesa la propria intimità, dignità e il proprio essere. Dobbiamo porre l’accento sulle vittime di questa che è una violenza, perché una ragazzina viene lesa nel suo profondo e in ogni stante si sente ferita».


L’avvocatessa si costituirà parte civile per conto della famiglia e chiederà 50 mila euro di risarcimento. «Non c’è pena e non c’è risarcimento danni che possa alleviare un reato e una violenza del genere». Perricci è pronta a chiedere anche una integrazione del capo di imputazione rispetto alla finalità con cui venivano acquisiti i video e una possibile circolazione in rete. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico