Neonata di 15 giorni morta di pertosse e bronchiolite, lo strazio della madre: «Nel 2024 non si può morire così»

Simonini, primario del Salesi: «Tragedie che purtroppo accadono. L’unico modo per scongiurarle è il vaccino»

Neonata di 15 giorni morta di pertosse e bronchiolite, lo strazio della madre
ANCONA Ripercorre il calvario della piccina che a 15 giorni di vita s’è dovuta arrendere a un doppio attacco, di un virus e di un germe insieme: bronchiolite e...

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ANCONA Ripercorre il calvario della piccina che a 15 giorni di vita s’è dovuta arrendere a un doppio attacco, di un virus e di un germe insieme: bronchiolite e pertosse. Alessandro Simonini converte lo choc in pietas: «Quella bimba è stata davvero sfortunata a essere stata colpita da due agenti patogeni». Il primario della Rianimazione del Salesi riordina passaggi tecnici che sono schegge, impazzite, d’umanità. «È difficile dover rispondere a una madre che, disperata, chiede se nel 2024 sia possibile veder morire di tosse convulsa la propria figlia di appena due settimane».

 

Il sì, che segue come una condanna quella domanda, Simonini lo piega nel verso della prevenzione: «L’unico modo per scongiurare simili tragedie, che non rappresentano un’emergenza ma accadono, è consigliare il vaccino contro la tosse convulsa alle donne in gravidanza. Andrebbe somministrato alla 28esima settimana di gestazione». Una potenziale via di salvezza che quella giovane donna dell’anconetano, tornata a casa senza nessuna complicanza post-parto, con il suo tesoro stretto tra le braccia, non aveva percorso. «Nessuna negligenza - il medico non intende infierire su chi è già piegato dalla sorte - perché quella profilassi non è obbligatoria. Che questa disgrazia serva a sensibilizzare le coscienze». 


L’intuito 


Febbre, respiro spezzato, rifiuto al nutrimento. Quel fagottino, che s’era appena affacciato sugli scenari dell’esistenza, era arrivato in Clinica pediatrica con una diagnosi, grave, di bronchiolite. Avrebbe dovuto sfidare l’infezione virale acuta che colpisce il sistema respiratorio dei bambini di età inferiore a un anno. Simonini, nel dramma, cede a un guizzo d’orgoglio: «È stato l’intuito della collega di turno, domenica sera, a far scattare l’allarme e il trasferimento in terapia intensiva. Il suo sospetto, poi confermato, è che fosse anche pertosse». Immediata era scattata la corsa contro il fato, il batterio non perdona i neonati. Cura antibiotica, subito intubata, ventilazione meccanica convenzionale, seguita da quella ad alta frequenza, la piccina era finita in un vortice di aspettative e sgomento. «Quel germe - il primario diluisce il dolore nei dettagli della malattia - produce una tossina che fa alzare i globuli bianchi, si formano trombi a livello dei vasi sanguigni più piccoli dei polmoni. In pratica, si chiudono e si genera l’ipertensione polmonare». Lo scambio tra ossigeno e anidride carbonica si blocca, il punto di non ritorno. «Eravamo pronti a sostituire, con una trasfusione, il sangue sporco della bimba. Sarebbe stata un’operazione molto complessa - la voce s’increspa di commozione - non abbiamo avuto tempo, ci è scivolata via». 


I precedenti 


All’ospedale pediatrico, dopo una notte di cure e preghiere, è stata la resa: alle 16,30 è stato dichiarato il decesso della piccina, là dov’era nata, il 21 gennaio. «Non abbiamo chiesto l’autopsia - Simonini cerca il punto d’equilibrio tra emozioni e professione - perché è tutto molto chiaro, non abbiamo dubbi». Va indietro con la memoria: «Da quando sono qui, da quattro anni, è il terzo caso che affronto: i due precedenti sono stati gravi, il primo gravissimo, ma siamo riusciti a curarli perché quei bambini erano più grandi, avevano quasi due mesi». Lo ripete, come un mantra, come un’ossessione: «Che questa disgrazia serva a sensibilizzare le coscienze». Che non sia più il calvario. 
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Corriere Adriatico