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MONTEMARCIANO «Mi vuole uccidere, vuole farmi diventare matta». Così aveva confidato ai carabinieri il giorno in cui è stata soccorsa in casa, dopo essere stata picchiata dal compagno. Ad allertare il 112 era stato il proprietario dell’appartamento, a cui lei aveva chiesto aiuto, in lacrime.
L’aggressione
Quando i militari sono intervenuti nell’abitazione di Montemarciano in cui i due nigeriani vivevano insieme a due bambini, lui se n’era già andato. La colf 40enne aveva segni sul volto: portata all’ospedale, era stata dimessa con 7 giorni di prognosi. C’erano mobili rovesciati, una porta rotta. «Abbiamo avuto un litigio, ma quando sono uscito era tutto in ordine e lei non era ferita», ha spiegato nel corso del processo il 48enne.
I racconti
Ad indirizzare il giudizio di condanna del collegio penale sono stati i racconti della vittima, che ha parlato di una storia da sempre difficile e piena di sofferenze, sin dai tempi della seconda gravidanza, quando il compagno (che non ha riconosciuto il bambino) non l’avrebbe assistita nonostante i problemi di salute. «Non lavorava, in casa non faceva nulla», ha raccontato la donna. Per l’imputato, invece, era lei a riprenderlo di continuo, come una goccia cinese, tant’è che per 4 volte l’avrebbe cacciato di casa, per poi riaccoglierlo sempre. I litigi continui sono stati confermati dalla figlia della donna davanti al tribunale dei minori: quando le discussioni diventavano pesanti, ha riferito la ragazzina, lei si chiudeva in camera con il fratellino per proteggerlo e non farlo assistere alle violenze.
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