Paziente agitata al Pronto soccorso del Carlo Urbani: infermiera aggredita si sente male

Paziente agitata al Pronto soccorso del Carlo Urbani: infermiera aggredita si sente male
JESI  - Un’altra aggressione, per fortuna solo verbale ma non meno violenta, ai danni di una delle infermiere di triage del Pronto soccorso dell’ospedale Carlo...

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JESI  - Un’altra aggressione, per fortuna solo verbale ma non meno violenta, ai danni di una delle infermiere di triage del Pronto soccorso dell’ospedale Carlo Urbani. E’ successo giovedì pomeriggio scorso. Circa 15 persone in sala d’attesa con codici verdi e bianchi, due azzurri. Non urgenti.

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Una signora 60enne di Chiaravalle fa il suo ingresso accompagnata dal 118: lamenta dolore al polpaccio causato da una lombosciatalgia. E’ un codice verde. Sono le 16,06 quando viene registrata. Ma la donna, nervosa per l’attesa e resa ansiosa dal dottor Google e dalle frenetiche consultazioni da cui spuntavano le peggiori diagnosi, ha iniziato a dare in escandescenze.


Il racconto 


«Mi sono trovata più volte con questa paziente che non voleva aspettare il suo turno - racconta l’infermiera triagista, 36 anni - ha detto che quella lombosciatalgia se la portava dietro da 15 giorni. Non era un codice urgente, ho fatto una valutazione obiettiva. Ma lei non l’accettava, continuava a brontolare che altri pazienti passassero avanti, che persino dei bambini avessero la precedenza mentre da protocollo i bambini devono essere mandati direttamente alla Pediatria, e più le spiegavo la priorità in base ai codici, più non mi ascoltava…». Poi alle 20, l’apice con l’arrivo di una conoscente che ha contribuito a inasprire la situazione. «L’altra signora la incitava a protestare, sono entrate insieme nel triage paventando le peggiori diagnosi di Google», continua l’infermiera, che sta attraversando un momento personale già molto delicato, pur senza sottrarsi al lavoro. 


La tensione


 

«Ha contestato ogni mia parola – continua l’infermiera – ma quel che mi ha fatto più male è stata una frase scagliata con aggressività: “Spero che tu non abbia gente malata a casa”. Una coltellata per me, che sto vivendo un momento difficilissimo…». L’infermiera ha terminato il turno, ma quelle parole hanno avuto una scia pesantissima provocandole un malessere che si è trascinato fino al turno di lavoro successivo, quando rielaborando quell’attacco gratuito ha avuto una crisi d’ansia fortissima. Il medico le ha diagnosticato uno “stato ansioso post-aggressione verbale avvenuta durante l’attività lavorativa provocata da una persona nota”, con una prognosi di 10 giorni. «Fa male – conclude l’infermiera – essere bersaglio di accuse infondate, di cattiverie gratuite come se noi sparassimo i codici a caso, non ci meritiamo di essere trattati senza rispetto».

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Corriere Adriatico