«Per tutti ero un mostro, ho avuto giustizia ma non vedo il mio bimbo da due anni»

«Per tutti ero un mostro, ho avuto giustizia ma non vedo il mio bimbo da due anni»
FABRIANO - Fu accusato di violenza sessuale dalla moglie e arrestato a Fabriano nel novembre 2016 dopo che la donna fu ricoverata al Profili per le botte prese. Giovedì si...

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FABRIANO - Fu accusato di violenza sessuale dalla moglie e arrestato a Fabriano nel novembre 2016 dopo che la donna fu ricoverata al Profili per le botte prese. Giovedì si è concluso il primo grado del processo che ha condannato l’uomo a 9 mesi, pena sospesa, per lesioni ed è stato assolto dal reato di violenza e maltrattamenti in famiglia. 


«Da quasi due anni non vedo il mio bambino, ma finalmente ho avuto giustizia». Così un 31enne residente a Fabriano, nato in Macedonia, commenta la sentenza del tribunale di Ancona. «Ho trascorso molti mesi ai domiciliari, non ho visto più mio figlio – ha detto in udienza – ma io non sono il mostro che qualcuno vuole dipingere». Secondo la ricostruzione del pm Valentina Bavai, il giovane passava le serate al bar a bere e giocare alle macchinette, poi tornava a casa e picchiava la moglie, a volte anche davanti al figlio. In alcune occasioni, secondo l’accusa, avrebbe anche detto alla sua metà di tradirla con altre donne più belle. 

Ieri l’uomo, difeso dall’avvocato Ruggero Benvenuto, è stato assolto dalle accuse di maltrattamenti e violenza sessuale e condannato a 9 mesi, pena sospesa, per lesioni personali senza aggravante. Le ferite sarebbero state provocate alla moglie dopo un litigio avvenuto nel corso di un trasloco. «Faremo appello – ha detto Benvenuto, soddisfatto della sentenza –, quelle ferite la donna se l’è procurate da sola trasportando alcuni scatoloni». Agli atti anche una serie di accuse contro il marito violento che sarebbe arrivato a dirle più volte “Sei brutta e grassa, vado con altre donne”. Tutto è iniziato a luglio 2016. La donna era finita al Profili per le botte che le avevano provocato un trauma cranico con lesioni giudicate guaribili in 21 giorni. 


Durante quel ricovero la decisione di porre fine alla relazione, cambiare casa e portarsi via il figlio. Madre e figlio si trasferirono a casa dei genitori di lei e lui iniziò, secondo l’accusa, a perseguitarla anche con messaggini, con minacce di morte. Nel corso delle indagini sono arrivate in tribunale 300 pagine di tabulati telefonici con messaggini prodotti dalla difesa in cui emergeva come l’uomo non usasse mai toni minacciosi nei confronti della moglie nel periodo contestato dall’accusa. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico