Ancona, la vittima dell'usuraio «Perso famiglia, lavoro e risparmi»

ANCONA - «Ho perso tutto: la famiglia, gli amici, i miei risparmi, il lavoro. Non avevo più niente. Sono arrivato a tentare il suicidio perché la mia vita non...

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ANCONA - «Ho perso tutto: la famiglia, gli amici, i miei risparmi, il lavoro. Non avevo più niente. Sono arrivato a tentare il suicidio perché la mia vita non aveva più senso». Con queste parole si è rivolto ai carabinieri il carrozziere anconetano che, dopo due anni d’inferno, ha trovato il coraggio di denunciare il suo aguzzino. 

L’ha fatto quando si è reso conto di aver toccato il fondo. «Non ho neanche i soldi per mangiare», ha confessato in lacrime ai militari della stazione di Brecce Bianche, il quartiere dove si trova l’officina nella quale era arrivato a stabilirsi giorno e notte, dormendo su una brandina. Si è deciso a parlare solo quando ha realizzato che neanche 30 mila euro in due anni, per un prestito iniziale di 2.500, sono bastati a placare l’avidità dell’usuraio, Fiorindo Di Rocco, 38 anni, arrestato dagli investigatori proprio grazie alla collaborazione della vittima.
Il fenomeno
L’usura è un reato sommerso. Una pratica che la crisi economica ha contribuito a rafforzare in tutta Italia, anche nelle Marche. Il numero di denunce presentate all’autorità giudiziaria non dà una misura attendibile della reale entità del fenomeno. Nell’ultimo anno nella provincia di Ancona l’unico caso certificato riguarda il carrozziere di Brecce Bianche, costretto a pagare interessi del 170% al suo aguzzino, sotto minaccia di morte. 
L’analisi
Gli inquirenti non hanno dubbi: per quanto circoscritto, certamente non è il solo, ma sperano che il coraggio mostrato dall’imprenditore, costretto a vivere quasi in schiavitù nella sua officina, sproni chi si trova in situazioni simili a denunciare.
L’analisi del colonnello Stefano Caporossi, comandante provinciale dei carabinieri, è netta. «L’usura è un fenomeno sommerso e non è necessariamente legato a grosse somme - spiega - La necessità di contanti, in tempi di crisi e di restrizione dell’accesso al credito, è crescente. Il fallimento imprenditoriale nella nostra società è visto sempre più come un fallimento personale, inaccettabile. E allora non si ha il coraggio di chiedere aiuto a parenti o agli amici. Ottenere prestiti dalle banche, senza le dovute garanzie, è sempre più difficile. E’ proprio su questo terreno che affondano le radici gli usurai». Da quando dirige il Comando provinciale dei carabinieri, Caporossi sottolinea che quello del carrozziere di Brecce Bianche «è l’unico caso di usura di cui siamo venuti a conoscenza nella provincia di Ancona. Ma la sensazione è che ve ne siano tanti altri nascosti», protetti da un’ombra di omertà, vergogna, paura. L’appello, rivolto a tutti i cittadini, è «prendere coraggio e rivolgersi alle forze dell’ordine». Perché esistono associazioni e fondi di solidarietà, presso ogni Prefettura, a cui le vittime dell’usura e del racket possono accedere.
L’aiuto

Ciò che pesa, oltre alle minacce di morte, è la convinzione della vittima di non avere alternative alla propria situazione: solo l’usuraio, al momento del bisogno, l’ha “aiutato”. E solo lui può continuare a dargli una mano. E’ ciò che ha pensato il carrozziere anconetano che, dopo la fine del suo matrimonio, non poteva tollerare anche il fallimento della sua attività. Per questo si era rivolto a un finto amico, che ha dimostrato disponibilità totale nel prestargli prima 1500 euro, poi altri 1000. Da quel giorno è entrato in una spirale tremenda. Quando ha capito di non avere più nulla da perdere, l’ha denunciato. Ora l’usuraio è ai domiciliari, incastrato dalle spycam e sorpreso con un malloppo da 5mila euro appena ritirati dalla vittima.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico