ANCONA - Era accusata di aver truffato per vent’anni l’Inps incassando mensilmente una pensione d’invalidità e un’indennità di...
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Il presunto maxi raggiro inscenato dalla donna, un’anconetana di 78 anni, aveva anche interessato l’Erap che, visti i certificati di disabilità rilasciati dall’azienda sanitaria (indotta in errore secondo la procura), le aveva concesso una casa popolare. In tutta la vicenda ricostruita dagli inquirenti un ruolo centrale avrebbe avuto il figlio dell’anziana. Per i pm dorici, l’uomo – 53 anni – aveva aiutato la madre, in quanto curatore delle pratiche pensionistiche e assistenziali, a mettere in piedi la truffa ai danni dello Stato. Con quest’accusa che madre e figlio sono finiti davanti al gup.
Determinante nel giudizio la documentazione medica prodotta dai legali durante il procedimento penale. Dossier derivati anche dalle varie Commissioni Invalidi Civili dell’Asur che nell’arco di trent’anni hanno valutato lo stato di salute della 78enne, reputandola durante ogni esame invalida al 100% a causa di patologie psicofisiche che ne hanno compromesso lo stile di vita, tanto da non renderla più completamente autonoma. La prima commissione si era svolta nel gennaio del 1987. È da lì che è partito tutto l’iter che ha portato l’imputata verso una serie di agevolazioni, sia per quanto riguarda la pensione che l’indennità di accompagnamento. In primis, la procura contestava i 150 mila euro erogati dall’Inps. La truffa consisteva, secondo le accuse, nell’aver simulato uno stato di inabilità totale. Poi contraddetto in un secondo momento. Ovvero quando era stata fatta domanda per poter entrare in un ricovero per anziani. In quell’occasione, il figlio aveva dichiarato come la madre fosse autosufficiente a svolgere tutte le azioni quotidiane.
La casa di riposo
Ciò ha portato nelle tasche della famiglia un risparmio di oltre 20 mila euro dovuto al mancato bisogno di un’assistenza H24. Al vaglio della procura c’era anche un altro documento ritenuto falso: era quello che aveva portato l’Erap a concedere all’anziana una casa popolare e dove il 48enne aveva omesso di dichiarare che la madre risiedeva stabilmente nelle casa di riposo. Dunque, non le sarebbe spettato l’appartamento. In realtà la difesa, tra le altre cose, ha dimostrato come la donna – che ancora oggi è assegnataria della pensione – sia ospite della struttura di Osimo solamente quando le sue condizioni di salute peggiorano e necessita di un’assistenza maggiore rispetto a quella che può darle il figlio. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico