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ANCONA «Ha iniziato a strapparmi tutti i vestiti che avevo addosso. Poi mi ha colpito alle gambe con il manico del mocio. Mi voleva sfregiare al viso, ma sono riuscita a proteggermi con una mano, che è stata ferita dal coltello. Quel giorno ho avuto paura di morire». La testimonianza, difficile e concitata, è stata resa ieri mattina in aula da una 33enne ucraina, parte civile nel processo contro l’ormai ex marito.
La violenza
L’uomo, un 47enne anconetano, è accusato di lesioni aggravate per l’episodio accaduto tra le mura domestiche il 26 luglio dello scorso anno, quando la vittima era finita all’ospedale di Torrette con una vistosa lesione alla mano, provocata dalla coltellata.
Il terrore
Lei è rimasta nel letto «per la paura, pensavo che quel giorno sarei morta. Ero terrorizzata» ha detto. A un certo punto, la 33enne sarebbe in una stanza a pregare. «Mi ha riempita di calci, dicendomi che in quella casa non si poteva pregare. Ha poi continuato a rompere le cose: i miei vestiti, gli occhiali, l’iPad». In un frangente, ecco il coltello: «L’ho sentito dietro alla schiena. Lui diceva che mi dovevo mettere in ginocchio, chiedendogli scusa e dicendo che ero una poco di buono».
L’ultimo atto
Per sfuggire all’incubo, la donna avrebbe provato a scappare di casa. Ma mentre stava aprendo la porta, ci sarebbe stata l’aggressione che è alla base del capo d’imputazione. «Voleva accoltellarmi alla faccia e al viso. Per proteggermi dal fendente, mi ha ferito alla mano. È uscito tanto sangue, lo sentivo che scorreva» ha raccontato la persona offesa. Il marito l’aveva aiutata a tamponare la ferita e la donna era poi finita all’ospedale per essere operata. Il 17 novembre è attesa la sentenza. L’imputato, difeso dall’avvocato Marco Giorgetti, respinge le accuse.
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Corriere Adriatico