ANCONA - Prima l’inchiesta giudiziaria sui presunti appalti pilotati in Comune, poi l’emergenza Coronavirus. Un destro-sinistro che rischia di mettere k.o. il...
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Gli esercenti non vogliono rimanerci un giorno di più, anche se prevale il fatalismo e molti temono che il restyling da oltre 7 milioni non vedrà più la luce. «La cosa fondamentale era tornare a lavorare, ma ora è importante che la macchina non si fermi perché ne va del nostro futuro - dice Daniele Cosci della Macelleria Paolo -. Ok, c’è stato il Covid, ma bisogna ripartire a 360 gradi: sarebbe sufficiente che il Comune ci fornisse un aggiornamento sullo stato di avanzamento del progetto». Che è fermo al concorso di idee vinto da uno studio di Treviso, per il quale era stato avviato il piano di fattibilità tecnico-economica, prima dello stop. Intanto, sarebbe già un successo se venisse installato il nuovo impianto di climatizzazione. «I lavori erano stati annunciati per giugno, speriamo bene - sospira Fausto Buscarini della Macelleria Dorica -. Ma io non la vedo bene: del progetto non si è saputo più nulla, poi salteranno eventi e Notti Bianche e lavorare, per noi, sta diventando sempre più complicato. È come se la gente avesse paura di spendere. Ci trovavamo quasi meglio nella prima fase, quando facevamo consegne a domicilio». Per questo c’è da spingere sull’acceleratore: la rinascita della piazza non può aspettare ancora. «Ma io non ci spero più - dice rassegnato Saverio Binci dell’omonima pescheria -. Si parla da trent’anni di ristrutturare il mercato: anche questo progetto morirà così. A noi non resta che andare avanti: siamo tornati quasi alla normalità, anche se le vendite viaggiano tra alti e bassi».
Il Coronavirus ha lasciato il segno: le bancarelle si sono ridotte, l’affluenza non è quella di una volta, ma gli operatori comunali devono comunque gestire gli ingressi contingentati. E i prezzi? «Non c’è stata nessuna speculazione - assicura Binci -. Il pesce di stagione è stabile: il merluzzo viene dai 12 ai 18 euro, le fritture sono sugli 8-10 euro». Sul bancone i moscioli di Portonovo sembrano più rigogliosi dell’anno scorso: si vendono a 5 euro al chilo. E la frutta e verdura? «Giusto i fagiolini costano un po’ di più, da 5 a 7 euro al chilo, ma solo per la difficoltà a raccoglierli, il Covid non c’entra niente - spiega Antonio Andreoni -. Ripresa? Insomma. Noi lavoriamo soprattutto con gli anziani. Hanno paura, molti non escono ancora di casa». Sarà, eppure Osvaldo e Mirella Antognini se ne sono appena andati con le buste piene. «Non abbiamo timore, mio marito ha girato sempre in tutto questo periodo - dice lei -. Quanto ai prezzi, non abbiamo notato grosse differenze rispetto ai mesi scorsi».
Saltano all’occhio quelli delle ciliegie che vanno dai 5 agli 8 euro. «Dipende dalla qualità e dalla pezzatura - spiega Lorenzo Lauretti -. Ma i clienti lo sanno e hanno imparato a fidarsi ancor più di noi durante il lockdown: siamo onesti, non abbiamo approfittato della situazione. Certo, ci vuole ancora un po’ prima di tornare alla normalità. Siamo a un 90%, mi aspettavo una mole di lavoro inferiore dopo tutto quello che è successo». I fruttivendoli, forse, sono quelli che hanno risentito meno della crisi. «Nei primi tempi c’era un po’ di paura, ma adesso è passata - conferma Silvana Gulino -. Almeno da parte nostra non abbiamo avuto bisogno di ritoccare i prezzi: una scelta che ha pagato». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico