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ANCONA «Vivo barricata in casa per colpa del mio ex marito. Ho paura che possa farmi pagare il fatto di averlo denunciato per tutto il male che mi ha causato». È l’inferno che sta vivendo una 38enne anconetana che lo scorso 2 marzo ha testimoniato nel processo che vede alla sbarra il suo ex marito per un tris di accuse: maltrattamenti in famiglia, lesioni personali e stalking. Da quell’udienza, è passato solo un mese e mezzo, la donna è stata costretta a sporgere altre due denunce, raccolte dai carabinieri della Montagnola. «Lui non mi lascia in pace» racconta la 38enne, che nel dicembre 2020 ha abbandonato con i figli la casa coniugale perché la situazione con il marito - un 39enne di Falconara - era diventata ormai insostenibile.
Le misure
Sull’uomo pende ad oggi il divieto di avvicinamento alla vittima e non può nemmeno avere contatti telematici con lei. «Ma se ne frega, tanto che da lui mi arrivano costantemente chiamate e messaggi». Alcuni contengono frasi per riallacciare il rapporto, altri «sono per controllarmi.
L’aggravamento
Ad oggi non è arrivato nessun aggravamento della misura cautelare che pende sul 39enne, nonostante le violazioni denunciate dalla vittima. «Vorrei essere tutelata di più, sentirmi protetta, perché ho paura che possa succedermi qualcosa e non è giusto che per difendermi io debba stare chiusa in casa. È come se fossi reclusa in una gabbia. E con me i miei figli» dice la donna. La quotidianità è cambiata ed è dettata dal terrore. «Al momento la mia vita non è una vita normale. Lo stalking partito dopo la fine della nostra relazione non è mai finito». Nonostante il processo sia ancora pendente. L’appello della 38enne: «Io chiedo solo che vengano applicate le regole del Codice Rosso, fatto appositamente per tutelare e difendere le vittime di violenza». Bisogna prevenire situazioni di pericolo «e non aspettare che possa accadere l’irreparabile. La persona che denuncia va protetta, deve poter vivere una vita normale e non doversi proteggere da sola. Non si può sentire in balia del destino». Il coraggio però non manca, considerando le denunce sporte «ai carabinieri che mi hanno sempre ascoltata e porto la mano. Voglio lottare per la libertà mia e dei mie figli».
Il racconto
«Avevo un nemico in casa: mio marito. Quando ho deciso di andarmene, mi ha spento una sigaretta addosso e mi ha riempito di calci e pugni. Mi sono trasferita per avere una vita normale con i miei figli, ma purtroppo non è stato così perché ancora oggi ricevo minacce» aveva detto la vittima in aula, mettendo insieme i tasselli di una storia «dove ho subito tanti episodi di violenza, soprattutto quando mio marito era ubriaco e drogato». Ancora non si è arrivati alla sentenza. La 38enne in udienza aveva raccontato di «una bruciatura con la sigaretta» e dell’episodio avvenuto nel luglio del 2021, quando «lui mi ha preso il collo per strangolarmi. Non respiravo più. Mio figlio di 6 anni ha urlato e il padre ha mollato la presa». In un’occasione, l’imputato avrebbe preso un coltello «e si è fiondato sul letto dove stavo, trafiggendo tutto il materasso».
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